rassegna stampa

La teologia chiamata a creare un nuovo umanesimo

di Antonio Rubino

Il segretario generale della Cei ha inaugurato a Bari l’Anno accademico della Facoltà teologica pugliese. L’arcivescovo Cacucci: senza l’incontro col popolo di Dio si trasforma in ideologia

Occorre contrapporre all’uomo vitruviano, disegnato da Leonardo Da Vinci – l’uomo “perfetto” bastevole a se stesso – «la sfigurata bellezza dell’uomo della Sindone». Lo ha detto ieri il vescovo Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, intervenendo all’inaugurazione dell’undicesimo Anno accademico della Facoltà teologica pugliese. «Lo statuto epistemologico della teologia la obbliga a confrontarsi con l’uomo», ha ricordato il vescovo Galantino, perché Dio stesso si è fatto uomo. Ecco che la teologia è chiamata a lavorare per un nuovo umanesimo. Il clima nel quale è costretta ad operare ha due caratteristiche: «l’appiattimento del fenomeno religioso, ridotto spesso a merce di consumo» e la fatica ad elaborare una «antropologia condivisa», con la conseguenza di «un umanesimo sempre più disintegrato».

Il nuovo umanesimo, per Galantino, deve avere alcune caratteristiche. Deve essere «incarnato» e non ingessato, deve partire da un «ascolto del vissuto» e avere un costante riferimento alla trascendenza oltre che alla vita degli uomini, evitando di prendere «le tangenziali della storia», ha spiegato il segretario generale della Cei. Il nuovo umanesimo, inoltre, non deve essere «monolitico». L’attuale clima culturale livella le differenze. Esiste una «dittatura del pensiero unico» che si scioglie «in un brodo di equivalenze». Se la contemporaneità sembra sfuggire ad una sintesi, «la teologia si getta nella mischia», spendendosi per una «globalità non livellante» e «incontrando le periferie dell’uomo». Occorre, ha proseguito, «ricomporre in armonia tutte le differenze, senza schiacciarle». Il compito della teologia è di mostrare «i limiti di un certo modello umanistico», rappresentato dall’uomo vitruviano. Nell’uomo della Sindone, invece, c’è «la possibilità di raccontare una testimonianza», oltre che «il corpo di un uomo che è tra morte e vita e non tra vita e morte». Le cinque “vie” indicate dalla Traccia per il Convegno ecclesiale nazionale di Firenze, che permettono di sostituire all’uomo vitruviano l’uomo della Sindone, sono già state individuate nella Evangelii gaudium: «uscire», senza paura di perdere la propria identità; «annunciare» senza timore o arroganza; «abitare i luoghi dell’umano»; «educare», evangelizzando con rispetto e gradualità, «trasfigurare perché trasfigurati» ha spiegato Galantino.

«Fare teologia – ha detto l’arcivescovo di Bari-Bitonto e gran cancelliere della Facoltà, Francesco Cacucci – significa essere capaci di riflettere su come il cristianesimo si incarna nella storia. Senza l’incontro col popolo di Dio la teologia rischia di diventare ideologia», ha proseguito. La teologia è «studio che si mette all’ascolto di Dio e degli eventi», ha detto don Angelo Panzetta, preside della Facoltà. Questa conta 351 iscritti, mentre sono 683 gli iscritti negli istituti superiori di scienze religiose ad essa collegati.

da Avvenire, 21 ottobre 2015

Lascia un commento

You must be logged in to post a comment.