rassegna stampa

Sanità cattolica, patrimonio di «umanesimo»

di Mimmo Muolo

La strada che porta al Convegno di Firenze passa anche attraverso il mondo della sanità. «Un mondo – ha detto ieri il vescovo Nunzio Galantino, – che ha bisogno di un umanesimo nuovo». Certamente più solidale. Il segretario generale della Cei è intervenuto ieri al seminario di studio “Opere di nuovo umanesimo: a quali condizioni? Verso Firenze 2015”, promosso dall’Ufficio per la Pastorale della salute (Unps) della Cei e svoltosi al Policlinico ‘Gemelli’ di Roma. Questo umanesimo nuovo, ha spiegato il presule, «non può che essere un umanesimo dell’uomo intero, perché la domanda di salute è domanda di salvezza. Occorre allora che le istituzioni sanitarie, soprattutto se cristiane, siano luoghi in cui ci si prende cura di tutte le dimensioni della persona». Purtroppo, ha aggiunto Galantino, «logiche di profitto e forme di emarginazione – quando non di esclusione – non sono estranee proprio ai luoghi dove la solidarietà e la compassione dovrebbero governare sovrane». Ma «la vigilanza che è chiesta alle nostre istituzioni caritative diventa responsabilità a non lasciar soli quanti nell’attuale contesto socio culturale sono vittime della cultura dello scarto e dell’indifferenza».

Vigilanza, trasparenza della gestione, costante tensione al miglioramento devono essere all’ordine del giorno. Il Convegno di Firenze, ha fatto notare monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica, «rende evidente come la fede sia davvero in grado di generare opere di straordinario valore umano e sociale». Il rettore Franco Anelli ha notato a tal proposito che l’obiettivo di padre Gemelli era fare un’opera dell’umanesimo, non un luogo di potere o di imprenditoria sanitaria». «Ma queste opere – ha aggiunto Giuliodori – non si realizzano una volta per tutte, è necessario ripensare e ridefinire continuamente i percorsi». Il cammino verso Firenze, dunque, «ci offre la possibilità, a partire dall’incontro con Cristo, di rinnovare il nostro sguardo sull’umano perché le opere antiche e nuove possano rendere sempre più visibile un umanesimo vero, buono e bello».

Di «umanizzazione della medicina» ha parlato in un messaggio al simposio anche il ministro della sanità, Beatrice Lorenzin. «La società odierna rischia di creare moderne rupi tarpee – ha detto don Carmine Arice, direttore dell’Unps – più dolci nella forma, non meno drammatiche nella sostanza: è la rupe del rifiuto di quanti non rispondono a canoni predeterminati di qualità vita» (gli anziani e i deboli). Ecco perché, ha aggiunto l’arcivescovo di Trento, Luigi Bressan, presidente della Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute, «anche se in Italia esiste un sistema sanitario nazionale, il nostro compito di cristiani è insistere presso le autorità affinché si provveda a colmare le lacune». Quanto alla sanità cattolica, un allarme è stato lanciato da Mariella Enoc, presidente del ‘Bambino Gesù’: «Se non si troveranno modelli di governance per i nostri ospedali, non si promuoverà l’eccellenza ». Ma «perdere la sanità cattolica sarebbe un problema serio per tutta l’Italia», ha fatto notare Rocco Bellantone, preside della Facoltà di Medicina della ‘Cattolica’. La soluzione c’è: «Guida sicura carismatica, alto livello medico scientifico, gestione manageriale efficace ed efficiente». «Il giusto mix – secondo il direttore generale del ‘Gemelli’, Enrico Zampedri – per continuare a svolgere un ruolo insostituibile».

da Avvenire, 30 aprile 2015

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