contributi

Per un nuovo umanesimo nel mondo della sanità

dalla Conferenza Episcopale Pugliese

Valore ontologico della persona e apertura all’Assoluto per un umanesimo nel mondo della sanità, un contributo della Consulta Regionale per la Pastorale della Salute della Conferenza Episcopale Pugliese per il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale, a cura di don Filippo Urso

Tema arduo quello che queste pagine intendono affrontare, e che il Curatore di questa pubblicazione intende offrire alla comune elaborazione di uncammino preparatorio al Convegno Ecclesiale Nazionale che si celebrerà a Firenze nel prossimo autunno.

Arduo il tema perché ardua e delicata è la regione umana alla quale esso intende accostarsi: quella della sofferenza degli uomini. Che cosa vuol direumanizzare la sofferenza? E come l’umanesimo cristiano può gettare una luce su un tema così delicato?

Il tentativo di questa pubblicazione, che raccoglie i contributi di alcuni Direttori diocesani per la Pastorale della Salute delle Chiese di Puglia, è quello di tracciare alcuni elementi di risposta a questi interrogativi. Ad introdurre queste pagine vorrei che fossero due brevi considerazioni strettamente correlate traloro, che non intendo svolgere in una riflessione compiuta – perché una prefazione non ne ha la possibilità – ma piuttosto proporre come incipit diulteriori sviluppi.

La prima è che a rispondere a queste domandepuò essere soltanto ogni essere umano in riferimentoalla propria sofferenza, e che occorre imparare – nella nostra azione pastorale – la discrezionee la delicatezza che vediamo nell’atteggiamento diGesù in tanti racconti evangelici che ci narrano ilsuo stile quando incontrava persone che stavanovivendo l’esperienza della malattia. Tante volte Gesù, invece che prendere per primo la parola, e occupare tutto lo spazio del dialogo e dell’incontro, rispondeva alle invocazioni di aiuto con una domanda, restituendo la parola ed interessandosi a chi aveva di fronte, alla sua storia, aiutando la persona a parlare con se stessa, a raccontare a Lui e quindi a se stesso il proprio desiderio di guarigione, a ritrovare la fiducia e la speranza dentro di sé. Gesù ascoltava, accoglieva il grido, si sintonizzava con il desiderio di guarire che scorgeva nell’altro, rispettava. Umanizzare la relazione pastorale con le persone vuol dire, in questo senso, mettere al centro la persona ammalata e la sua soggettività, restituirle il diritto di rimanere protagonista del cammino di elaborazione della sua situazione, anche quando questo cammino attraversa momenti di confusione, di non senso, di difficoltà. Vuol dire rinunciare ad interpretare, a giudicare, ad anticipare troppo presto risposte che ancora la persona non riesce a trovare dentro di sé e che finirebbero per interrompere quel processo interiore che si sta sviluppando. Anche in quei momenti noi rispettiamo il carattere sacro della persona umana, e serviamo il suo mistero!

Ma allora l’azione pastorale della Chiesa è inutile? Non abbiamo nulla da fare? Ecco la seconda considerazione che mi permetto di offrire all’attenzione dei lettori di queste pagine, sin dal loro inizio: la nostra azione, se vuole essere efficace nella sua opera di umanizzazione, deve appunto facilitare ciò che, in una persona che sta soffrendo,serve a stare con il proprio dolore in modo umano. Dobbiamo mettere in atto atteggiamenti e accompagnamenti che aiutino ciascuno nel proprio lavoro interiore, che è quello di ogni essere umano: riflettere su di sé, pensare, amare, anche mentre sista facendo i conti con la malattia, il dolore, il limite. Perché non è affatto scontato che in quei momentiognuno affronti, nella propria coscienzasveglia, con lucidità e attenzione, ciò che sta vivendo. Allora la presenza di un fratello, di una sorelladella comunità cristiana può essere un aiuto non afare il cammino al posto della persona ammalata, ma a crearle attorno le condizioni perché ella stessalo faccia per sé. Ascoltare, rinunciare a parlaretroppo presto, rimandare all’altro, come riflesso inuno specchio, ciò che vediamo, aiutarlo a non perderedi vista il cammino della sua intera esistenza,ritessendo il legame tra tutte le dimensioni dellasua vita perché non separi malattia e preghiera, fedee limitazioni del corpo o della mente, elementipositivi che permangono malgrado la sofferenza e pesi della nuova situazione. Rimanere accanto provando ad aiutare l’altro a leggere tutto, della propria situazione di vita, nella propria coscienza illuminatadalla fede in Dio. Ecco il compito entusiasmante, difficile e delicato, di chi vuole accompagnare, a partire dalla propria fede cristiana, chi abitala desolata regione della malattia. Un compitoche ha come prima attenzione quella di testimoniare, con il proprio stile relazionale, il grande valore della persona che si ha di fronte, magari in un momento in cui ella stessa sta dubitando di questo valore e non riesce più a scorgerlo perché aggredita dal proprio dolore.

Mentre ringrazio il Direttore regionale e i Direttori degli Uffici diocesani di pastorale della Salute delle diverse Chiese pugliesi per il contributo offerto in questa pubblicazione, auguro che la lettura di queste pagine aiuti tutti, nella Chiesa, ad umanizzarsi nell’accompagnamento di chi è ammalato. Solo così, umanizzati noi, favoriremo l’umanizzazione in chi accompagniamo.

Vincenzo Pisanello
Vescovo di Oria
Delegato della Conferenza Episcopale Pugliese per la Pastorale della carità e della salute


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