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Incontri sulle cinque vie verso Firenze

dalla parrocchia “S. Michele Arcangelo” di Castrignano del Capo (Le)

Come Comunità Parrocchiale ci siamo ritrovati 5 volte per riflettere sulla Traccia che prepara al prossimo Convegno Ecclesiale di Firenze. Aiutati dall’introduzione al documento tenuta dal nostro Parroco, da alcuni video e testimonianze (Chiara Amirante, don Tonino Bello, Mons. Oscar Romero…), abbiamo risposto alle domande proposte che riguardavano le 5 strade. Di seguito la sintesi delle nostre riflessioni.

USCIRE

Dalle nostre comunità si fa fatica ad uscire verso le periferie esistenziali. Anche la nostra comunità vive alcuni cambiamenti demografici e sociali (l’allontanamento di molti giovani dal paese per motivi di lavoro e di studio; la presenza di stranieri di diversa religione soprattutto badanti rumene; la crisi economica…). In queste situazioni di cambiamenti bisogna sapersi fare uno, avere rispetto degli altri. Come cristiani-cattolici bisogna abbassarsi con umiltà perché, a volte, gli altri ci vedono come su un piedistallo; bisogna ascoltare di più lo smarrimento della gente, cercando di prendersi cura ed “essere luce” partendo dal positivo e dall’ottimismo cristiano; bisogna prima cambiare noi stessi e poi pretendere di cambiare gli altri; bisogna uscire per entrare nell’altro quasi spersonalizzandoci, infatti l’altro mi accetta se mi metto al suo servizio non tanto parlando di Dio. Come cristiani siamo tiepidi, pigri, ci accontentiamo delle devozioni, di assolvere ai nostri doveri cristiani, invece è necessario andare nelle periferie a testa alta, avendo il coraggio di annunciare senza annullare il nostro essere cristiani. È necessaria una maggiore conoscenza delle realtà di povertà che ci circondano; a volte abbiamo poco tempo per ascoltare gli altri. Come comunità si fanno delle iniziative a favore dei lontani, ma non sempre vengono accolte; lo stesso parroco scrive sul foglio parrocchiale una lettera mensile per tutta la comunità ma non tutti sempre la leggono o si sentono interpellati. Ci si chiede: siamo noi che non riusciamo ad uscire o sono gli altri che non vengono verso di noi? Dobbiamo essere meno sicuri di noi stessi, più vicini agli altri, non chiudendoci in noi stessi; dobbiamo riscoprire il volto dell’altro; non bisogna asservire l’altro ma servirlo, non alterare l’altro ma alterizzarlo, promuoverlo, uscire verso l’altro, partire dall’altro ma non rinunciare ad annunciare Cristo, l’uomo nuovo che è Luce ed è il nostro Salvatore.

ANNUNCIARE

La nostra comunità ha cercato di ridefinire la propria vita per diventare comunità missionaria escogitando nuovi modi di evangelizzazione con le cellule di evangelizzazione che, però, non hanno avuto seguito in quanto non sono state appoggiate da alcune realtà già presenti nella Parrocchia. Si è ribadito che è necessario annunciare: nella quotidianità, con la propria vita, con la propria professione, nel proprio ambiente di lavoro senza aspettarsi gratificazioni; l’importante è esserci, senza aspettarsi necessariamente dei risultati; non tanto con le parole ma bisogna mettere in atto il comandamento dell’amore; bisogna essere vicini all’altro, prendersi cura della sua persona non tanto con le parole ma con la vicinanza; l’Oratorio dovrebbe diventare il cuore pulsante della comunità da cui tutto parte e in cui tutti ci si ritrovano con momenti comuni di preghiera, di riflessione, di studio, di aggregazione, di convivialità; condividere anche i beni materiali con discrezione; essere noi sacramento per l’altro; vedere le necessità dell’altro che a volte ha più bisogno di una buona parola che di beni materiali. La nostra testimonianza di annuncio a volte è difficoltosa e crea scandalo in chi è fuori della comunità perché al nostro interno c’è invidia, non ci si stima abbastanza come persone e come gruppi, non si gioisce del successo di un gruppo e si crea divisione. Oggi spesso c’è indifferenza e diffidenza tra di noi; indifferenza perché non si vedono i bisogni dell’altro, diffidenza perché non si ha fiducia l’uno dell’altro e forse non si ha fiducia nemmeno in Dio. Bisogna cominciare prima a cambiare noi stessi senza pretendere di cambiare gli altri; intanto non ci si deve preoccupare troppo di quello che gli altri dicono di noi, bisogna preoccuparsi di più della disunità al nostro interno, infatti solo se gli altri ci vedono uniti non trovano modo per attaccarci. Ripartire dal tanto di positivo che pure c’è nella nostra comunità.

ABITARE

Dopo aver visto due video di Don Tonino Bello in cui ci veniva detto come ripartire degli ultimi, ci si è soffermati sul considerare chi sono gli ultimi nella nostra comunità parrocchiale. Sicuramente ci sono persone considerate ultimi perché si sono allontanate dalla realtà ecclesiale e ci sono ultimi per povertà materiale; ai primi si cerca di andare incontro con l’accoglienza e l’ascolto; ai secondi anche con aiuti concreti attraverso il Banco Alimentare. Si è poi ripreso il discorso dell’Oratorio come centro propulsore della comunità che potrebbe diventare un Centro di Ascolto in modo da venire incontro alle necessità di chi ha bisogno, ascoltando i problemi di chi vive situazioni particolari dal punto di vista morale, spirituale e materiale. Naturalmente per fare questo è necessaria una maggiore disponibilità da parte di tutte le realtà ecclesiali, di tutti i gruppi per garantire una presenza costante in Oratorio dove poter accogliere anche bambini, ragazzi, giovani e adulti. Si vedrà in che modo concretizzare tutto questo. Sino ad ora si è reso questo servizio soprattutto ai ragazzi e ai giovani ma contando solo sulla disponibilità di poche persone. Si ribadisce inoltre che l’Oratorio non deve essere ritenuto soltanto un posto dove i ragazzi giocano ma un luogo dove devono essere educati a crescere sia dal punto di vista umano che cristiano. Si asserisce che la Chiesa cattolica da sempre è stata una delle poche agenzie a servizio degli altri col volontariato e varie forme caritative, infatti anche nella nostra comunità parrocchiale solo le realtà ecclesiali si prendono cura dei giovani, dei ragazzi, degli adolescenti e degli adulti (soprattutto per quanto riguarda l’aspetto caritativo verso famiglie bisognose). Infine il Parroco, analizzando la realtà della nostra parrocchia, manifesta con sofferenza come ancora nella nostra comunità ci siano tante persone che non parlano bene sia del parroco che della Chiesa in generale; trovano da ridire su tutto ma non si impegnano in prima persona a cambiare la realtà.

EDUCARE

Educare è un’arte che bisogna sempre apprendere. Non è facile oggi essere genitori ed educatori in generale. L’educatore non deve essere come il vasaio che modella a sé l’educando e neppure come il fabbro che piega duramente il ferro al suo volere; l’educatore ideale dovrebbe essere come il giardiniere che cura la pianta, dandole il concime, l’acqua e non ne forza la crescita. Tuttavia nell’educare molto spesso si è un po’ vasaio, un po’ fabbro e un po’ giardiniere… Oggi viviamo un’emergenza educativa; i genitori sembrano aver perso il ruolo di educatori nel senso che spesso non sanno dire di no ai propri figli; è più facile dire un sì che un no come pure oggi non si educa al sacrificio, alla sofferenza; gli adolescenti in modo particolare vogliono tutto e subito. Ci si è interrogati poi su come educare alla fede. Per quanto riguarda questo aspetto la famiglia spesso delega al sacerdote, alla parrocchia, ai catechisti la formazione religiosa; i genitori danno ai propri figli i sacramenti, poi però non si interessano più del cammino spirituale del proprio figlio. Oggi i bambini, gli adolescenti coltivano tanti interessi (sport, danza, musica…) e per questo i genitori si impegnano al massimo, per quanto riguarda invece il cammino di fede c’è molta indifferenza e superficialità. I genitori non sono dei veri testimoni della fede e non trasmettono con la propria vita i valori cristiani, per cui i ragazzi crescono in un ambiente scristianizzato e tutto finisce con la celebrazione della Cresima. Nella nostra comunità si da’ ampio spazio alla catechesi e formazione delle varie età; c’è un gruppo giovani che si incontra settimanalmente ma non tutti i componenti sono pienamente consapevoli di cosa significhi essere cristiani, spesso si viene in Oratorio solo per giocare e divertirsi. Si conviene che l’educazione religiosa deve partire soprattutto dalla famiglia e si auspica più collaborazione tra famiglia, chiesa e scuola. Parafrasando la frase di Papa Francesco “non rubate la speranza”, si è detto che i genitori, in quanto battezzati “non devono rubare Cristo ai propri figli”, infatti si dà tutto tranne Cristo. È importante stabilire delle relazioni vere, autentiche basate sulla solidarietà, sull’altruismo e non sul disinteresse e l’egoismo…

TRASFIGURARE

Per essere testimoni autentici, c’è bisogno di pregare molto; spesso non riusciamo a testimoniare il nostro essere cristiani perché non si prega abbastanza, la nostra vita cristiana è molto scialba e superficiale. Forse per un eccessivo pudore non riusciamo a comunicare quello che viviamo a livello spirituale o quello che il Signore ci dice durante l’ascolto della Parola di Dio. Nelle nostre celebrazioni a volte c’è molta distrazione, poca partecipazione e manca il senso di famiglia. Si mette comunque in evidenza che il nostro Parroco attraverso le sue omelie, che prepara con tanta cura, aiuta molto nella crescita umana e cristiana, cercando di attualizzare il messaggio evangelico, senza mai avere un tono “moraleggiante”. Bisogna prepararsi a vivere bene la celebrazione eucaristica, cercando di essere puntuali ed esprimendo la nostra gioia di essere cristiani, con gesti concreti di fratellanza e carità. La gioia del Risorto ci deve trasfigurare nella vita di ogni giorno, ci deve convertire quotidianamente. Le nostre celebrazioni dovrebbero essere più animate, più gioiose; nella nostra comunità ci sono gli animatori ma non sempre sono perseveranti e costanti. Spesso si partecipa alle celebrazioni solo per suffragare un proprio defunto, si è portati ad associare la celebrazione al nome del defunto come se la celebrazione eucaristica fosse proprietà privata e non momento di profonda comunione con tutta la comunità. Lo stesso foglietto con le letture può distrarre e la gente ripete quello che invece dovrebbe dire solo il sacerdote. Si ribadisce che, se si partecipasse di più agli incontri comunitari formativi, forse si avrebbe una maggiore consapevolezza di ciò che si sta vivendo durante la celebrazione eucaristica.

1 Commento a “Incontri sulle cinque vie verso Firenze”

  1. Ada
    il

    Il Convegno ci ha dato l’opportunità di incontrarci per crescere nella comunione e riflettere sulle 5 vie.

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