rassegna stampa

Teologia in «uscita» per servire l’uomo 

di Riccardo Bigi

Galantino a Firenze: carità intellettuale e opzione preferenziale per i poveri

Una Chiesa in uscita, come quella voluta da papa Francesco, ha bisogno di una «teologia in uscita»: è questa l’immagine che il segretario generale della Cei, il vescovo Nunzio Galantino, ha proposto intervenendo l’8 ottobre a Firenze al dies academicus della Facoltà teologica dell’Italia centrale. «La teologia – ha detto – deve avere il coraggio di non escludere dal suo orizzonte tutto quello che riguarda la vita dell’uomo, per mostrare la luce della rivelazione e della ragione».

La riflessione di Galantino si è legata al tema del Convegno ecclesiale nazionale, che si terrà proprio a Firenze nel prossimo novembre, sul tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Un appuntamento che, secondo il segretario generale della Cei «potrà rappresentare una proficua occasione di riflessione e di crescita per tutto il popolo di Dio. L’obiettivo è quello di raggiungere la vita delle donne e degli uomini che chiedono consolazione, chiedono sostegno».

Per fare questo, ha sottolineato, serve una teologia «in uscita», non una teologia «da tavolino»: in uscita però non per cercare posizioni di prestigio o di potere ma per scendere nella storia dell’uomo. Una teologia che sia, per usare l’espressione di Rosmini, carità intellettuale: «Una forma di amore per il Signore che si cerca di conoscere in modo più profondo, ma anche di amore per i fratelli ai quali si cerca di offrire i frutti della propria indagine». Perché l’uomo contemporaneo «non lo si aiuta con le pacche sulle spalle: serve qualcosa di più alto, serve l’apporto della teologia, della riflessione critica sulla fede». E «l’inserimento della teologia nella storia, che si accompagna a un serio impegno di discernimento, ha bisogno della collaborazione delle varie competenze e discipline». Galantino ha toccato anche il tema dell’opzione preferenziale per i poveri: una scelta, ha sottolineato, che per papa Francesco rappresenta una categoria teologica prima che culturale o politica. Questo, ha sottolineato, «indica una strada che la Chiesa deve percorrere» perché «obbliga la Chiesa a considerare l’opzione per i poveri come il vero discrimine dell’ortodossia cristiana, ciò da cui dipende la qualità del nostro essere cristiani. Non si tratta quindi di fare qualcosa in più per i poveri, ma di arrivare a decidere a partire dai poveri».

Il nostro mondo, ha aggiunto, «mette nell’uomo il cattivo seme della paura dell’altro, unita alla sensazione che ognuno se la debba cavare da solo contro tutti. Ora questo mondo chiede di essere visitato da una parola più alta, da una prospettiva autenticamente trascendente, di uscire dalle secche della chiusura in se stessi».

Ad accogliere il segretario generale della Cei è stato il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze e Gran cancelliere della Facoltà teologica dell’Italia centrale. Riferendosi al Convegno ecclesiale nazionale del prossimo novembre, Betori ha sottolineato che «la teologia ha qualcosa da dire sull’umanesimo, che non è un distacco dell’uomo da Dio ma una visione dell’uomo che può essere illuminata dalla riflessione teologica». Il preside della Facoltà, don Stefano Tarocchi, nel suo saluto introduttivo ha offerto alcuni dati: la Facoltà teologica dell’Italia centrale conta circa 300 studenti, provenienti da 20 diverse nazioni: tra di essi anche molti laici, uomini e donne, interessati allo studio della teologia come occasione di crescita umana e culturale.

da Avvenire, 9 ottobre 2015

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