rassegna stampa

Donare? Fa stare bene, è terribilmente gratificante

di Umberto Folena

L’ex terzino della Fiorentina fa l’agente di calciatori ma gioca ancora per aiutare atleti meno fortunati di lui e a sostegno della Caritas. «Mi piacciono quelli che non voltano le spalle al popolo ma lo guardano e si fanno guardare bene in faccia Papa Francesco è proprio così»

Come correva sul prato, Moreno Roggi da Fucecchio. Il vento gli s’infilava nella chioma riccioluta, i baffi fendevano l’aria, gli occhi ridevano. Esordio folgorante in maglia viola che era poco più d’un ragazzino. La Nazionale cambiava tutto, dopo la catastrofe dei Mondiali 1974, affidando le fasce a lui e a “Kawasaki” Rocca. Due frecce per infilzare nei fianchi gli avversari. L’evoluzione della specie, terzini che difendono e ripartono, polmoni infiniti. Poi il crac, in un’amichevole agostana a Viareggio, nel 1976. Il ginocchio si spezza. Roggi giocherà ancora poche partite prima di un nuovo infortunio e l’addio al calcio giocato ad appena 25 anni. Si scoraggia? Per nulla.

«Una carriera breve e intensa l’avrei comunque preferita a una lungo declino. Venticinque anni è l’età giusta per inventarsi un mestiere, che molti calciatori tra i 30 e i 40 anni non sanno trovare, non sapendosi pensare altrove che non sul campo da gioco con un pallone tra i piedi, gli spalti gremiti, la gioia o la malinconia dello spogliatoio». Roggi s’inventa il mestiere di agente dei calciatori, tra i primissimi in Italia negli anni Ottanta. Oggi vive tra la sua grande casa colonica a San Casciano e l’ufficio a Firenze, che divide con il figlio Matteo, anch’egli procuratore. Lunedì, come tutti i fiorentini, ha atteso, accolto, ascoltato Francesco. Fiorentini… Via, Roggi, voi fiorentini siete polemici e critici, perfino all’eccesso, alieni ai facili entusiasmi. Avrete accolto il Papa con il sopracciglio alzato… «No, perché? La città s’è bloccata, l’abbiamo accolto con grandissimo rispetto». Contano le parole, per i fiorentini. Ma contano ancor più i fatti. «Questo Papa ci piace per tanti piccoli gesti, che voglio pensare siano spontanei, non studiati. Andare a pranzo alla mensa Caritas è stato bellissimo, un aiuto psicologico straordinario per coloro che “vengono dopo”, i poveri». Roggi si ferma, ci pensa e riprende: «Fantastico. Noi fiorentini ne abbiamo il massimo rispetto, tutti, a prescindere dal pensiero politico».

Quando Roggi dice “noi fiorentini” dice bene. In città tutti lo conoscono, gli regalano un saluto e scambiano due parole. La città conosce lui, lui conosce la città, vi è dentro fino alle midolla. Il Papa dunque cresce a dismisura in popolarità ma, Roggi, qualcuno fa notare che lui cresce ma la Chiesa invece cala. «Non sono d’accordo, non è proprio così. Anzi. L’immagine della Chiesa era già debolina prima di lui ma ora sta risalendo, perché la gente apprezza chi non si vergogna di dire ciò che non va ma in fondo un po’ s’intuiva. La gente non è sciocca e capisce. Francesco dà credibilità alla sua Chiesa perché la gente stima chi non nasconde le proprie debolezze e sa fare autocritica».

E il discorso in Duomo? «Mi sono rimaste nel cuore soprattutto due cose. Don Camillo: abbiamo bisogno di preti come lui, vicini a noi, capaci di ascoltare e aiutare ». Come don Bledar Xhuli, il sacerdote albanese che ha raccontato la sua esperienza di albanese accolto da don Giancarlo Setti. «Lui, don Setti, era anche il “parroco” della Fiorentina e fu importantissimo pure per il mio percorso di vita ». Le storie e le esistenze s’intrecciano in modo misterioso. Miracoloso. Don Bledar è stato in parrocchia proprio a San Casciano e ha bussato alla porta della cascina dove Moreno Roggi vive con gli anziani genitori, Silvano e Vilma, con il figlio Matteo, sua moglie e un bambino, e la figlia Elisa. «Una casa grande per un famiglia grande, dove ognuno ha i suoi spazi ma siamo vicini». Silvano, papà di Moreno, mezzadro e ateo, accompagnava Vilma a Messa e l’aspettava fuori leggendo il giornale. «In Toscana è così – spiega Roggi – per molto popolo il prete era “il potere”». Eppure don Bledar, con la sua storia e il suo sorriso franco, ha fatto breccia pure sul cuore di Silvano.

Torniamo al Papa. Roggi ha un’idea ben chiara. «Mi sono sempre piaciuti quelli che non voltano le spalle al popolo ma lo guardano e si fanno guardare bene in faccia. Francesco è così. Il popolo cattolico ha bisogno di un grande condottiero che però non gli dia le spalle. Che parli con chiarezza. Chi non nasconde le proprie debolezze è più amato, sempre. Accade al Papa con la Chiesa, accade a ciascuno di noi». Moreno Roggi è noto a Firenze anche per le “Glorie Viola”, ex calciatori della Fiorentina che aiutano altri ex calciatori meno fortunati, feriti dalla vita, e chiunque abbia bisogno. Piccoli grandi eventi organizzati con Antognoni, Celeste Pin, Faccenda, Carobbi, Desolati, Robbiati, Ciccio Esposito (il motorino del centrocampo dello scudetto del 1969, «a 67 anni ancora gioca e corre») e altri. Sponsorizzati da Chianti Banca, riescono a raggranellare denaro che passano alla Caritas fiorentina. «Una cosa bella che ci fa sentire bene» confida Roggi, che sorride. «Per me, donare è egoismo puro, terribilmente gratificante». Come la fase attuale della sua vita: «Ci sono tre periodi: quando corri, cammini e stai seduto. Io mi sento a metà tra il secondo e il terzo. Quando corri e sei giovane hai tempo solo per correre e non ti guardi troppo attorno, frequenti altri corridori come te, sei concentrato a fare e a produrre. Io ho avuto una meravigliosa carriera breve e intensa. Poi ho cominciato a camminare. E a riflettere. A pormi tante domande e a darmi qualche risposta, confrontandomi con quanti, come me, camminano. Compreso il confronto con la fede». Comprese piccole grandi cose come raccogliere le olive dei suoi olivi, portarle al frantoio e vederne spremere il tuo olio. Tutto da assaporare, in famiglia, in compagnia.

da Avvenire, 13 novembre 2015