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Gesù Cristo, maestro di umanità: una sintesi della Traccia

dal Patriarcato di Venezia

C’è bisogno di comprendere e “discernere”, di fronte alle molte sfide che il mondo contemporaneo lancia. Ma c’è soprattutto la voglia rinnovata di camminare insieme e “assaporare il gusto dell’essere Chiesa, qui e oggi, in Italia”. E’ il “gusto per l’umano”, uno “sguardo grato e amorevole” che nasce dall’incontro con Gesù Cristo, a generare e rendere possibile un “nuovo umanesimo”. Su questa direttrice si sviluppa il documento-traccia che prepara il Convegno ecclesiale della Chiesa italiana in programma a Firenze nel novembre 2015; è lo strumento di lavoro affidato in questi mesi alle varie comunità e volutamente lasciato “aperto”, con tanto di domande e approfondimenti ulteriori reperibili sul web (sito ufficiale: www.firenze2015.it). “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo” è il motto scelto per indicare l’unica vera “fonte di novità e annuncio di speranza per tutti”. La stessa città che ospita il Convegno offre alla traccia interessanti suggestioni: a Firenze, è scritto, “si respira una cura per l’umano che si è espressa con il linguaggio della bellezza, della creazione artistica e della carità senza soluzione di continuità” e nello stesso tempo, con la realtà delle Misericordie, ricorda “che la suprema bellezza della vita umana è la carità, in cui fiorisce la testimonianza della fede”.

Un nuovo umanesimo “in ascolto, concreto, plurale e trascendente”. Nella prima parte vengono riletti e messi in luce gli elementi più significativi ritrovati all’interno delle “narrazioni” elaborate, sul tema, dalle Chiese locali nell’anno appena trascorso. Sono stati così identificati quattro “tratti” distintivi di questo “nuovo umanesimo”: 1) la raccomandazione più condivisa è “partire dall’ascolto del vissuto”, per essere capaci di riconoscere sia l’inadeguatezza delle proprie forze che il “di più” di umanità che la fede è in grado tutt’oggi di sprigionare; 2) un “umanesimo concreto”, che “parla con la vita”, sa trovare una “sintesi dinamica tra verità e vissuto” ed offre risposte adeguate alle sfide odierne; 3) “l’umanesimo nuovo in Cristo è sfaccettato e ricco di sfumature”, tanto da risultare come un “prisma” in cui tutte le facce concrete dell’uomo, nelle diverse condizioni, si inscrivono nel volto di Gesù Cristo che riconduce tutto e tutti ad unità in un umanesimo “plurale e integrale”; 4) la trascendenza, poiché l’uomo è davvero “impastato di Dio” e le coordinate esistenziali che lo sviluppano pienamente sono altrettante “feritoie che permettono di intravvedere un Altro…”.

Ricerca di relazioni autentiche, bisogno di riconoscersi “figli”. La traccia si sofferma sul contesto storico odierno – i “segni dei tempi”, le caratteristiche più evidenti dello “scenario dell’annuncio del Vangelo” – perché “è un importante compito delle comunità cristiane aiutarsi a vicenda a non rimanere disorientate e quindi solo reattive o rassegnate di fronte a fenomeni culturali di cui non comprendono la provenienza e l’intenzione, a testimoniare con la vita ciò in cui credono, incarnando nella concretezza dell’esistenza il valore universale dell’umano”. I modi attuali di vita mostrano un “brodo di equivalenze” in cui è sempre più arduo trovare criteri e valori condivisi e tutto “si riduce all’arbitrio e alle contingenze”; c’è difficoltà a “riconoscere il volto dell’altro” per il “dissolvimento del nostro stesso volto perché solo nella relazione e nel reciproco riconoscimento prendono forma i volti”. Il male del nostro tempo sembra così essere l’autoreferenzialità ma, nello stesso tempo, riemerge la ricerca (e il bisogno) di relazioni autentiche tra le persone e le famiglie, nei vari ambiti di vita e con il creato. “La difficoltà a vivere le relazioni – si osserva – è difficoltà a riconoscersi come “donati a se stessi”. Una vera relazione s’intesse a partire dal riconoscersi generati, cioè figli, cifra propria della nostra umanità”. Il nostro esistere è sempre un “esistere con” e un “esistere da”, poiché è letteralmente impensabile e impossibile esistere senza l’altro.

Cura e preghiera, per essere “umani” come Gesù. Da dove ripartire? Su cosa e su chi rifondare oggi le “ragioni della nostra speranza”? Non attorno a idee, astrazioni o, peggio, ideologie ma innanzitutto – spiega la traccia – dal “cercare l’autenticamente umano in Cristo Gesù” in quanto “il suo concreto vissuto umano rivela Dio in una suprema tensione verso l’uomo” il quale rappresenta, con un’espressione forte, “la periferia presso la quale Dio si reca in Gesù Cristo”. E proprio nella vita del Nazareno si scorgono “le due direttrici principali del nuovo umanesimo: la cura e la preghiera”. Curare come Gesù significa “custodire, prendersi in carico, toccare, fasciare, dedicare attenzione”; pregare come Lui ha fatto vuol dire comprendere tutto “alla luce del Vangelo”, vedere e ascoltare tutto “con lo sguardo e le orecchie di Dio”. Cura e preghiera sono i “modi in cui Gesù vive l’attitudine a mettersi – gratuitamente e per puro dono – in relazione con gli altri e con l’Altro, con i suoi conterranei e contemporanei non meno che col Padre suo”. Per la Chiesa italiana si tratta, quindi, di riaffermare che la persona umana è “al centro dell’agire ecclesiale, al centro della missione” e di affinare l’attitudine all’esercizio, impegnativo ma ineludibile, del “discernimento comunitario” che deve diventare sempre più “stile ecclesiale”.

Cinque azioni “umane”: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare. Soffermarsi sull’umanità di Gesù aiuta a individuare cinque verbi: sono altrettante vie ed azioni che “si intrecciano tra loro e percorrono trasversalmente gli ambienti che abitiamo”. Eccole: 1) “Uscire” e cioè aprirsi, per “liberare” le comunità dall’“inerzia strutturale” e dalla “semplice ripetizione di ciò cui siamo abituati”, per far sì che i cambiamenti siano occasione di percorrere nuove strade, quelle che “Dio apre per noi”, lungo le quali può scorrere la buona notizia; 2) “Annunciare”, perché c’è un Vangelo della misericordia che va riannunciato e rinnovato, con gesti e parole che “indirizzino lo sguardo e i desideri a Dio”; 3) “Abitare”, per continuare ad essere “una Chiesa di popolo nelle trasformazioni demografiche, sociali e culturali che il Paese attraversa”, con l’invito sempre più radicato “a essere una Chiesa povera e per i poveri”; 4) “Educare”, azione che richiede “la ricostruzione delle grammatiche educative ma anche la capacità di immaginare nuove forme di alleanza che superino una frammentazione insostenibile e consentano di unire le forze per educare all’unità della persona e della famiglia umana”; 5) “Trasfigurare”, per ricordare che “la via della pienezza umana mantiene in Gesù Cristo il compimento” e sottolineare la forza trasformante di una vita cristiana segnata dalla preghiera e dalla partecipazione ai sacramenti.

Per raggiungere la “più alta misura” dell’uomo. La traccia verso Firenze 2015 conclude invitando tutti (persone, comunità e realtà ecclesiali) a mettersi realmente in questione: “Verifichiamo la nostra capacità di lasciarsi interpellare dall’esser-uomo di Cristo Gesù, facciamo i conti con la nostra distanza da lui, apriamo gli occhi sulle nostre lentezze nel prenderci cura di tutti e in particolare dei “più piccoli” di cui parla il Vangelo, ridestiamoci dal torpore spirituale che allenta il ritmo del nostro dialogo col Padre”. E si potrà infine gustare tutta la grandezza del nome “eccelso” attribuito a Gesù – “Figlio dell’Uomo” -, arrivando così a “riconoscere il volto di Dio manifestatosi umanamente in Gesù Cristo” e a “capire fino in fondo il nostro essere uomini, con le sue potenzialità e responsabilità”.


In calce un’ulteriore e più agile sintesi della Traccia, realizzata appositamente per la Diocesi di Venezia.
Sarà il Patriarca Francesco a guidare la delegazione ufficiale del Patriarcato di Venezia per il 5° Convegno ecclesiale nazionale che si terrà a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015. Oltre a lui ne fanno parte: don Danilo Barlese, don Francesco Marchesi, padre Vincenzo Torrente, suor Anna Follador, Benedetto Cristofori, Maria Valeria Chiarelli, Marta Gonzato e Alessandro Polet; a loro si aggiungono poi anche Simone Morandini e Marialetizia Milanese Patron, direttamente coinvolti rispettivamente a livello nazionale e triveneto nel cammino verso il Convegno ecclesiale di Firenze 2015.

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1 Commento a “Gesù Cristo, maestro di umanità: una sintesi della Traccia”

  1. Emilio
    il

    Veramente! L’incontro con Gesù, nella preghiera e nella Eucaristia, ci consentirà di sentirci realmente figli dello stesso Padre, fratelli fra noi e con ogni uomo di questo mondo.

    Consapevole della mia personale incostanza e debolezza, spero, sia pure a 83 anni compiuti, di poter ancora “uscire”, per “annunciare”, continuando ad “educare” me stesso, nella grande Famiglia che è la Chiesa, a una sempre maggiore “umanità”.

    In trepida attesa di conoscere la mia vera realtà di figlio nel Figlio.

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