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Per una Chiesa povera per i poveri

dalle Reti della carità

Riflessioni sul cammino della Chiesa Italiana verso il Convegno Ecclesiale Nazionale

Nessuna affermazione può essere letta o fatta in modo accademico o astratto. Il Convegno Ecclesiale di Firenze non è luogo dove affermare principi. È un’occasione per interrogarsi e riscoprire che il Vangelo e la Parola di Dio sono da accogliere e riscoprire nel contesto in cui viviamo, partendo da quella novità conciliare che è stata la Dei Verbum, ma insieme avvertendo la portata ecumenica e dialogante con l’umano che è in tutti.

La Parola ci immerge nel mondo. Ci appassiona all’umanità. Ci fa sentire in cammino e in ricerca. Ci fa ascoltare il gemito dell’umanità, le sue gioie, le sue speranze. Ci fa sentire parte di un cammino comune. È la posizione di una Chiesa in ascolto, accogliente e contemplante.

La Parola che ci alimenta e dà origine anche al nostro narrare la fede è una Parola incarnata, che chiede sia a livello personale sia nelle relazioni con gli altri sia nello sguardo verso l’umanità nel suo complesso (a fronte anche dei grandi cambiamenti che si stanno attuando, pur nella loro ambiguità e a volte nella loro potenzialità distruttiva) di ritrovare il senso di attesa e di gioa per la vita, di ridare corpo alla speranza.

Il Convegno Ecclesiale di Firenze può essere autentico se le speranze che si intravedono attraversano la sofferenza e il gemito delle vittime.

La Evangelii Gaudium è popolata da questa speranza “crocifissa” ma gioiosa, radicata nel nostro vivere la storia in cui siamo immersi.

Il nostro cammino di fare rete è un dare ascolto ai tanti laboratori di umanità condivisa che attraversano le nostre esperienze e che sono un dono da condividere, non da sciupare in un’ottica prevalentemente di risposta.

La carità evangelica prima di essere un “fare” è un “dono”, un’urgenza. Dice Paolo: La carità urge dentro di me”.

Noi crediamo che si debba partecipare al cammino della Chiesa senza enfasi ma con l’accoglienza, seguendo l’invito di Papa Francesco che, con la sua sollecitudine al cambiamento e alla radicalità della proposta evangelica, ci sprona a porre il Vangelo al centro.

Dobbiamo contribuire a non disperdere e a non annacquare la novità del cammino di Chiesa che Papa Francesco ci indica. Il punto di partenza è la povertà intesa come categoria teologica, cioè come percorso necessario e urgente per comprendere la novità del Vangelo e riscoprirlo nella storia che viviamo.

Bisogna partire dai poveri, dalla nostra povertà come condizione esistenziale. Questa povertà è popolata dal volto degli ultimi, dei piccoli, dei fragili, di coloro che non hanno voce. Sono costoro a fare la nostra storia, la nostra obbedienza e per questo dobbiamo ascoltare ma rifiutare ogni atteggiamento di utilizzo dei poveri, ogni uso della carità “di potere”.

I poveri ci chiamano alla conversione, in tutte le loro condizioni di vita esistenziali, sociali e culturali.

La povertà narrata ed ascoltata è davvero la categoria per intravedere il volto di Dio e la presenza di Dio nella storia che ci conduce ad attendere l’oltre.

”Curalo, ti rifonderò al mio ritorno”, dice il samaritano al locandiere. E’ questa la Chiesa dal volto ospitale, che si prende cura, che non ha la fretta di correre al rito ma scende da cavallo e cammina insieme all’umanità sofferente ed esclusa. Questo è il volto di Chiesa che va intravisto!

I poveri devono diventare il cuore e il centro per qualsiasi atteggiamento credente. Poveri non solo economicamente. Poveri per la loro fragilità esistenziale. Poveri perchè vittime segnate dalle ingiustizie, dalle tirannie, dalle violenze, dalle guerre e dall’odio.

Tenerezza, commozione, indignazione, intercessione, pace, devono diventare il modo per svegliare l’umano che vibra dentro di noi e che ha come orizzonte la fraternità e la sororità.

La bussola deve essere la carità, che è la dimensione che riceviamo in dono e che ci porta a vivere con gli altri nella concretezza delle relazioni. La carità che chiede di vivere con uno stile di sobrietà. Non una Chiesa, quindi, che aiuta i poveri, ma una Chiesa povera che , in quanto povera, sta nel mondo senza rivendicazioni nè privilegi. Da Firenze deve poter emergere questa urgenza che mette in discussione come la Chiesa in Italia si misura con i privilegi.

Bisogna resistere alla tentazione di rileggere la povertà solo come azione assistenziale, perché la povertà è il nostro avvertire la vicinanza con il volto del Signore Gesù.

Questa spiritualità, anche mistica, è il grande terreno di confronto e dialogo con credenti e non credenti. È la “eccedenza della carità”, intuizione del cardinale Carlo Maria Martini. È stata ed è l’esperienza di tanti testimoni di “nonviolenza attiva” (quotidiana e planetaria), rivolta a “ricomporre i rapporti della convivenza in un ordine genuinamente umano e cioè in un ordine il cui fondamento è la verità, l’obbiettivo è la giustizia, l’amore è la forza propulsiva, la libertà è il metodo di attuazione” (Pacem in terris, 78).

Papa Francesco propone il  Vangelo della pace come cammino di umanizzazione nella fraternità, nella giustizia e nella custodia del creato, intrecciando continuamente povertà e pace nei campi dell’economia, della politica, delle culture, del dialogo sociale e interreligioso, degli stili di vita (Evangelii gaudium 185-241) e come parte integrante della “riforma della Chiesa in uscita” (EG 17). Il duro giudizio del vescovo di Roma sulla corsa alle armi si unisce a quello contro le “guerre meno visibili ma non meno crudeli che si combattono in campo economico e finanziario con mezzi altrettanto distruttivi di vite, di famiglie e di imprese” (1.1.2014).

Richiamandoci al realismo profetico di papa Francesco, incarnato in parole, gesti, iniziative coinvolgenti, vogliamo operare insieme al popolo di Dio in cammino, nelle direzioni proposte: Uscire, Annunciare, Abitare, Educare, Trasfigurare.

Uscire dalla spirale dei conflitti armati e delle guerre economiche, cioè dalle logiche del nemico, dello scarto, della corruzione, dell’asservimento, dell’indifferenza.

Uscire dalle moderne schiavitù, da ogni offesa ai diritti umani, dalle ingiustizie, dalla tratta delle persone, dal dominio mafioso, dalla violenza maschilista sulle donne.

Annunciare e testimoniare “la gioia del Vangelo” lasciandoci evangelizzare dai poveri ed accompagnando i percorsi di liberazione (EG 239, 197-201).

Vivere “il ministero dei segni conviviali” curando germogli e aprendo cammini. Dispiegare la nostra dignità sacerdotale, profetica e regale (Lumen gentium 31-38).

Proclamare un “Giubileo degli esclusi”.

Abitare e trasformare le pietre scartate in testate d’angolo (Atti 4, 11) per edificare città amiche e solidali. Costruire una cittadinanza umana responsabile. Favorire l’accoglienza in una civiltà del diritto. Saper gestire e trasformare i conflitti. Praticare “la mistica del vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci…” (EG 87-88).

Educare per accendere la passione del conoscere, del conoscersi, del riconoscersi e del convivere. Educare-educarci a una cultura della pace che sia memoria attiva di tanti volti di pace, per assumere una pedagogia dell’incontro, per addestrarci all’arte della compassione e della riconciliazione. Per imparare a commuoverci, a piangere e a rallegrarci. Per adottare stili di vita sobri e trasparenti.

Trasfigurare per curare la bellezza e custodire il creato. Per vivere una robusta spiritualità trinitaria. Per pregare, adorare, contemplare il volto di Cristo nei volti degli altri. Per valorizzare esperienze creative, artistiche, umanizzanti, festose. Per lasciarci condurre dallo Spirito e avvertire la forza della Resurrezione (EG 275-280). Per raccogliere e unire i sogni dei poveri per sognare con loro “una Chiesa che, se non sogna, non è Chiesa ma solo apparato e non può recare lieti annunci a chi non viene dal futuro” (don Tonino Bello).

La dimensione contemplativa della povertà permette di guardare anche ad altre questioni che hanno rilevanza dal punto di vista di una riflessione che deve restituirci il senso di un cammino epocale, ecumenico, dialogante, dove l’essere Chiesa non è annunciare una realtà che si possiede ma una realtà che dialoga. Questioni che vogliamo approfondire, come la questione femminile, i temi della pace, delle disabilità, delle grandi questioni etiche che sorgono quando si sta vicino ai malati, della sofferenza e dell’esclusione sociale, dello straniero come cifra simbolica.


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