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Uscire: per una famiglia e una comunità generative

di Raffaella Iafrate

L’espressione  Chiesa “in uscita” può essere efficacemente tradotta con la descrizione che l’Evangelii Gaudium  fa della comunità evangelizzatrice intesa come  comunità che, “fedele al dono del Signore, sa anche ‘fruttificare’. La comunità evangelizzatrice è sempre attenta ai frutti, perché il Signore la vuole feconda”. (EG, 24)

Una prospettiva di questo tipo sulla comunità cristiana non può non richiamare la riflessione sulla famiglia e la comunità sociale che  diversi  studiosi che si occupano di relazioni familiari e sociali portano avanti da tempo, identificando l’obiettivo fondamentale di tali relazioni nella  cosiddetta “generatività”. Tale  caratteristica  indica ciò che, nel suo percorso di sviluppo, l’adulto è chiamato a raggiungere avendo la meglio sulla opposta tendenza o tentazione della stagnazione, che consta nell’improduttivo ripiegamento di sé. La generatività  è definita da Erikson “capacità di cura e di investimento per ciò che è stato generato per amore, necessità o caso e che supera l’adesione ambivalente a un obbligo irrevocabile”. Come dire che l’anima di slancio gratuito della generatività le consente di andare al di là del regno del dovere e della colpa; inoltre essa, pur esprimendosi primariamente nel desiderio di procreare e di prendersi cura dei propri nati, si può esprimere anche in tutte quelle attività produttive e creative che sono mosse dalla tensione di accrescere il potenziale delle generazioni successive alla propria. “La generatività comporta sempre la possibilità di compiere un energico salto verso la produttività e la creatività al servizio delle generazioni”. L’immagine dell’energico salto ci parla di un processo incrementale e accrescitivo dal familiare al comunitario e non di una sua semplice espansione.

Ma tale espressione è interessante anche per un altro motivo, che è il collegamento tra generatività e generazioni. La generatività  non è infatti  al servizio dei figli, né genericamente al servizio degli altri, ma al servizio delle generazioni.  In particolare una lettura della generatività in termini generazionali è stata sviluppata da Scabini e Cigoli  e tale prospettiva è stata fatta propria dagli studiosi che fanno capo al Centro d’Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia.

L’accostamento generatività-generazioni è significativo, perché spinge a vedere i fatti familiari in termini innovativi, di eccedenza. Eccedenti lo stretto perimetro della relazione genitori/figli ed eccedenti l’ambito familiare stesso che attraverso il termine generazione viene collegato intimamente al sociale. La  generatività non è tesa alla conservazione, ma è “in uscita” perché spinge a vedere  il figlio come generazione e cioè come nuovo nato, frutto della relazione  dei suoi genitori e, attraverso loro due, collegato alla storia generazionale da cui eredita il patrimonio biologico e valoriale e del cui patrimonio deve però rispondere proseguendolo e trasformandolo.

Anche vedere la società fatta di generazioni, e non come puro aggregato di individui, consente di vedere all’opera la generatività. Parliamo quindi di generatività parentale e di generatività sociale, ossia di un  “interesse ed impegno a promuovere la generazione successiva generando prodotti e risultati che hanno lo scopo di beneficiare i giovani e promuovere lo sviluppo degli individui e dei sistemi sociali che sopravvivranno a sé”. In altre parole, l’anima eccedente della generatività che spinge, all’opposto della stagnazione, ad andare oltre sé ed oltre al tempo mortale (come è intuitivo nelle relazioni familiari, in cui si sopravvive a se stessi attraverso i figli e i figli dei figli) è rinvenibile anche nelle relazioni sociali se e in quanto esse sono mosse da istanze pro-sociali e di promozione del “bene” delle generazioni future.

Occorre, perciò,  essere generativi e nella famiglia e nella comunità sociale. E non sfugga l’importanza di quella “e”, che non vuol essere una semplice sovrapposizione o parallelismo,  ma piuttosto implica il favorire un rapporto virtuoso tra la famiglia (che deve potersi aprire al sociale) e il sociale che deve facilitare e “premiare” una corretta trasmissione dei beni materiali e valoriali tra le generazioni.

Molte ricerche hanno documentato gli effetti benefici di una compresenza di generatività familiare e sociale sia in età giovanile sia nell’età anziana (se ne possono leggere alcuni esempi ai seguenti siti http://www.rapportogiovani.it/; http://www.share-project.org/).

La capacità e la volontà di connettere e integrare le diverse realtà relazionali che la persona si trova a vivere, dall’esperienza delle più intime relazioni familiari a quella delle relazioni sociali ed ecclesiali,  si rivela  dunque la condizione fondamentale per  un “uscire”  volto a generare buoni frutti per l’umanità.


iafrateRaffaella Iafrate
Professore associato di Psicologia sociale
Centro d’Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia
Università Cattolica del Sacro Cuore