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Abitare come prendersi cura

di Elena Granata

Immaginiamo di entrare in una camera d’albergo. Linda e bianca. Ogni cosa ha un suo posto, ogni oggetto, dopo il disordine, tornerà al proprio posto. Apprezziamo la misura e la disposizione comoda delle cose, il nostro passaggio temporaneo ne apprezza l’essenzialità. Era così prima del nostro arrivo, sarà così dopo la nostra partenza. Se dovessimo immaginare di trascorrere tutta la nostra vita tra camere d’albergo, faremmo un po’ fatica. Ci sembrerebbe, forse, mancare quella dimensione profonda e generativa del vivere che è abitare un luogo.

Immaginiamo invece di varcare i confini di un campo di accoglienza per profughi, a ogni persona è assegnato un letto e un pasto caldo rigorosamente servito al tavolo, per mesi, talvolta per anni. Quel tempo pieno di attesa, di noia e precarietà ci parrebbe insostenibile. Vano ogni tentativo di sentirsi a casa. Assolti i bisogni primari, sarebbe il vuoto ad avere la meglio.

Né camere d’albergo, per quanto poetiche, né strutture di accoglienza, per quanto talvolta necessarie, ci consentono esperienze d’abitare. Forse perché abitare è dimensione dell’esistenza complessa e che mette in gioco tutta la nostra umanità: il nostro corpo che deve potersi sentire tra le proprie cose, al riparo dallo sconosciuto e protetto dal pericolo, la nostra mente che ha bisogno di accasarsi, di riconoscere intorno relazioni calde e affettive, la nostra identità e il nostro bisogno di appartenere a qualcuno e qualche luogo.

Abitare non coincide perfettamente e solo con casa. Richiede di trascendere una dimensione privata per sperimentare slanci, aperture e incontri. Si gioca nella relazione “tra” un dentro e un fuori, tra dimensione privata e pubblica, tra casa e città. Abitare è godere di libertà e di diritti fondamentali come il diritto alla privacy e alla riservatezza, il diritto di vivere liberi da assistenza e sussidi, tutori e garanti. Abitare è prendersi cura del luogo dove viviamo, delle relazioni con gli altri, dell’esito delle nostre azioni. È sentirsi parte di un contesto che ci contiene e ci trascende, su cui è possibile lasciare traccia. Abitare è immaginare tra questi luoghi e questi volti, il mondo che verrà, lasciare un po’ di disordine. Perché la nostra vita non sia pulita ma un po’ fredda come una camera d’albergo.

Fonte: Città Nuova

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