rassegna stampa

Bellezza, carità, misericordia 

di Andrea Fagioli

Il Card. Betori: «È questo il vero volto di Firenze»

Vorrebbe che i delegati al Convegno ecclesiale nazionale tornassero a casa con l’immagine di una piazza in cui bellezza, cultura e carità nascono insieme così come a Firenze sono nate, negli stessi anni del tredicesimo secolo, la Cattedrale di Santa Maria del Fiore e la Confraternita della Misericordia. Al cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, piace pensare la ‘sua’ città come il «frutto di una storia di esperienze di umanizzazione», con il versante della carità che non si è mai disgiunto da quello dell’arte e della cultura.

Intanto il Convegno si avvicina. I tempi si fanno più stretti.

Eminenza, come si sta preparando la diocesi di Firenze al Convegno ecclesiale nazionale?

La preparazione, qui come nel resto d’Italia, è anzitutto spirituale, culturale e pastorale. Abbiamo avuto appuntamenti di preghiera, che continueremo a proporre, e appuntamenti di approfondimento delle tematiche proposte dallaTraccia. Finora lo abbiamo fatto a livello diocesano. Adesso il confronto si sta avviando anche a livello vicariale e parrocchiale. C’è poi un aspetto che ci riguarda più da vicino ed è quello della preparazione all’accoglienza dei delegati con la predisposizione degli ambienti, sia di soggiorno che di lavoro, d’intesa con tutte le istituzioni e le realtà sociali fiorentine che si sono interessante al Convegno e che ci stanno dando una mano perché Firenze innanzitutto sia sensibilizzata al tema. Mi fa piacere segnalare a questo proposito anche iniziative di realtà non ecclesiali, che sono già avvenute o si realizzeranno in futuro, di approfondimento delle tematiche relative all’umanesimo.

Il Papa verrà a Firenze per incontrare i delegati. Non è una visita alla città, ma ci saranno comunque momenti totalmente ‘fiorentini’. Cosa si aspetta da questo incontro con Francesco?

Prima di tutto la possibilità di manifestare l’affetto che la Chiesa di Firenze nutre verso il Santo Padre e la convinta adesione alle linee pastorali che sta tracciando per la Chiesa universale, di cui appunto lo stesso Convegno ecclesiale nazionale vuole essere un’attualizzazione per il contesto italiano. Vorremmo anche mostrare al Santo Padre il volto di una Chiesa locale viva, con una grande storia, ma capace ancora oggi di esprimere nella consapevolezza e nei gesti una fedeltà al Vangelo che ha contraddistinto e contraddistingue ancora oggi il senso profondo dell’appartenenza ecclesiale della nostra gente.

La vetrata della facciata del Duomo di Firenze, con l’Assunzione della Vergine su disegno di Lorenzo Ghiberti, restaurata e presentata nel Battistero (Ansa)

La vetrata della facciata del Duomo di Firenze, con l’Assunzione della Vergine su disegno di Lorenzo Ghiberti, restaurata e presentata nel Battistero (Ansa)

Lei ha lavorato alla preparazione del Convegno ecclesiale di Verona, nel 2006. Adesso collabora all’organizzazione e si appresta a ospitare, come arcivescovo di Firenze, il Convegno del novembre prossimo. Sono passati 10 anni: com’è cambiata l’Italia in questo decennio?

I cambiamenti sono profondi, soprattutto a livello di quelle che vorrebbero apparire come le convinzioni diffuse, che non corrispondono però al sentire profondo della gente, ma che sono influenzate dalla grande comunicazione e dai grandi strumenti della raccolta del consenso. Il pensare pubblico ha comunque avuto una grande svolta secolaristica e in mol- ti aspetti antiumanistica. Dobbiamo prenderne atto, anche se questo non significa chinare il capo, bensì trovare il modo per proporre positivamente una visione dell’umano secondo la natura profonda della persona e della comunità degli uomini.

E la comunità ecclesiale italiana, com’è cambiata?

In effetti non è cambiata solo l’Italia civile, è cambiata anche l’Italia ecclesiale. Ma su questo versante vedo più continuità. Siamo ancora dentro la spinta venuta dal Concilio Vaticano II che oggi riceve un impulso tutto nuovo dal magistero e dall’esempio di Papa Francesco, che ci chiama a riscoprire dentro a questo cammino una modalità di maggiore attenzione verso un abitare quelle che lui chiama «periferie esistenziali ».

Pensando a Firenze, si può persino ipotizzare una sorta di collegamento tra il Convegno ecclesiale e il Giubileo straordinario in quanto questa è anche la città dove la Misericordia, intesa come istituzione di carità, è nata nel lontano 1224.

Questo è molto importante perché anche qui bisogna uscire dall’immagine della misericordia come atti misericordiosi verso i fratelli e ritornare all’origine della Confraternita della Misericordia che è creazione di un predicatore, san Pietro da Verona (conosciuto come san Pietro martire), che combatteva l’eresia albigese in questo territorio e che fondò la Confraterni- ta della Misericordia come un’espressione della fede per contrastare la negazione eretica. È importante pensare che la misericordia nella sua radice non è un’opera della pura carità, ma della carità che nasce dalla fede. Questo fa sì che sia anzitutto nel volto misericordioso del Padre che noi dobbiamo trarre le radici del volto misericordioso dell’uomo.

In vista del Convegno ecclesiale, la diocesi di Firenze ha proposto, comeesperienza concreta, i ‘Gruppi d’ascolto’, di fatto una catechesi biblica per gli adulti. Perché questa scelta?

Il problema della Chiesa oggi è quello di ricostruire una mentalità di fede per essere poi una fede operante nel tempo, capace di interlocuzione con la cultura d’oggi. Una mentalità di fede che è anche il tema del Convegno: l’umanesimo come una visione organica dell’uomo che permetta di fare opere di umanizzazione di tutto ciò che invece appare disumano nella nostra società. All’interno della costruzione di una mentalità di fede il ruolo centrale deve essere dato alla Parola di Dio. Questa è anche una tradizione per Firenze, che sulla Parola di Dio ha visto ad esempio incentrato tutto il magistero del grande vescovo Elia Dalla Costa, ed è anche una delle acquisizioni più interessanti del Sinodo postconciliare voluto dal cardinale Silvano Piovanelli, che della proposta della catechesi biblica degli adulti fece il punto centrale dell’educazione alla fede nelle nostre comunità.

Del Convegno ecclesiale nazionale rimarrà un segno concreto: la ‘Casa della carità’. Che valore avrà per Firenze?

In questo vedo due segni: il primo è l’attenzione all’evolversi delle povertà, e oggi la povertà più grave è la solitudine, che aggredisce tutte le condizioni umane ma diventa particolarmente pesante nell’età avanzata, per cui cercare di creare compagnia, creare comunione anche nei confronti dei soli della nostra società, soprattutto se anziani, è un messaggio che va al di là della semplice costituzione del ‘condominio solidale’. L’altro segno è la convergenza su questo progetto di realtà ecclesiali e realtà civili, perché per realizzarlo abbiamo avuto bisogno dell’impegno della diocesi, dell’aiuto della Conferenza episcopale italiana con contributi provenienti dall’otto per mille, ma anche della generosità di un privato, che ha donato il terreno e la struttura da ricostruire, e dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, che ha investito su questo progetto un importante contributo. Questa confluenza di soggetti privati e pubblici, civili ed ecclesiali mi sembra molto significativa.

da Avvenire, 7 giugno 2015

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