rassegna stampa

Bellezza, mistero, umiltà, gioia

di Umberto Folena

La giornata di Papa Francesco al Convegno e a Firenze

Passerà dalla bellezza al mistero, dall’umiltà alla gioia. Sono le quattro tappe di oggi di Francesco a Firenze: la Cattedrale di Santa Maria del Fiore, la Basilica della Santissima Annunziata, la mensa Caritas di San Francesco Poverino, lo stadio “Artemio Franchi”. In una città curiosa ma non in agitazione, accogliente senza essere trafelata perché Firenze non è enorme ma è internazionale, attraversata ogni giorno da migliaia di turisti, sede di convegni e simposi di rilievo mondiale.

Dalla Cattedrale all’Annunziata è una breve passeggiata. Sempre dritto, Santità. Una dose di mistero c’è anche nel tempio della bellezza: come farà a star su la cupola in muratura del Brunelleschi?

L’orafo, ingegnere e architetto non ha lasciato appunti. Metafora, se vogliamo, della Chiesa, che miracolosamente si sorregge nonostante i peccati dei suoi fedeli. Sarà forse la mano dell’angelo, lo stesso che secondo la leggenda avrebbe dipinto il volto di Maria nell’affresco dell’Annunziata. Il Papa se lo troverà appena varcato l’ingresso alla sua sinistra. L’autore è ignoto: Cimabue, Giotto, Angelico o chissà chi. E poi quel volto che il pittore avrebbe trovato bell’e fatto dopo essersi assopito, in un remoto giorno della metà del Duecento. Un volto non solo bello, ma miracoloso. «Tutte le sere, al Rosario delle 17.20 – racconta Antonio Mitrotti, giovane avvocato dello Stato – la partecipazione è intensa ». Tutti a fissare lo sguardo sul volto. Ma in primo piano l’affresco pone non Maria bensì l’angelo. La Parola che si incarna.

All’Annunziata Francesco incontrerà una trentina di malati gravi in forma riservata, lui e loro (e il volto misterioso) da soli, lontani dalla folla. «E subito dopo incontrerà brevemente la nostra comunità», spiega frate Ferdinando, napoletano, a cui è affidata l’accoglienza. I Servi di Maria sono quattordici, di cui due studenti stranieri. «Un’attesa bella, carica di speranza – prosegue frate Ferdinando –. La speranza? Che la visita del Papa dia impulso alle vocazioni, in Italia al tramonto». Francesco esce ed è ora di pranzo. A poche decine di metri, sotto i portici, di fronte allo Spedale degli Innocenti, c’è la mensa di San Francesco Poverino. Non una mensa qualsiasi, ma un pezzo di storia della Chiesa fiorentina, dal 2006 gestita dalla Caritas. Molto più di una semplice mensa. «Dalle 9.30 in poi arrivano persone anziane che semplicemente si fanno compagnia, in attesa del primo turno del pranzo», racconta Alessandro Martini, direttore della Caritas, che non siederà ma servirà a tavola. Qui sì l’attesa del Papa è forte e l’emozione palpabile. Bergoglio non sarà a capotavola ma al centro del lato lungo del tavolone, con 60 ospiti, i soliti ospiti di sempre della mensa. Solita tovaglia di plastica con le pannocchie e le margheritine gialle, soliti piatti, bicchieri e stoviglie di plastica, solite salviette di carta, solita brocca di “acqua del sindaco”, rubinetto doc. Unico strappo alla consuetudine, mezzo bicchiere di vino a scelta tra il Chianti dell’azienda agricola Pieve di Campoli, di proprietà dell’arcidiocesi, e il bianco dei detenuti dell’Isola di Gorgona. (Per accompagnare la ribollita consigliamo il Chianti).

Per gli ospiti sarà una giornata storica e ieri, terminato il pranzo, indugiavano sotto il porticato. Uno dei 60 sarà Sebastiano, 57 anni, provetto pizzaiolo campano prima di finire in terapia e perdere tutto. «Domani? Un giorno indimenticabile – scandisce con gli occhi che luccicano –. Che cosa chiederò al Papa? Se potrò, gli chiederò una benedizione per la mia famiglia. Mamma e papà non ci sono più, ma ho due fratelli a Nola e a Bologna». E se dovesse cucinare una “pizza Francesco”? «Per lui ci vorrebbe una capricciosa: pomodoro, mozzarella, origano, capperi, prosciutto e funghetti». Lui il Papa lo vede così, ricco, vario e saporito. Poco più in là Carmela, 80 anni, si appoggia al suo bastone. Ballerina barese, incontra il marito baritono fiorentino in teatro. Lui 25 anni fa muore, lei rimane sola e sprofonda nella depressione. Oggi vive nella Comunità Monte Domino ma da 18 anni la trovi sempre a San Francesco Poverino, fin dal mattino. «Qui c’è la mia famiglia, qui sono anche a Natale e a Capodanno. Ho un figlio, ma vive a Londra…». E il Papa? «Vorrei chiedergli una benedizione, solo quella». Poi si fa seria, indica la sua gamba malata, e sussurra. «Vorrei dirgli di farsi vedere da un bravo angiologo». Segue accurata spiegazione di diagnosi possibili e terapie indispensabili: il suo modo di dimostrarsi premurosa con l’ospite.

Che intanto dovrà attraversare la città verso lo stadio “Franchi”, luogo meno inusuale per la Messa di quanto si pensi. Un filo lo lega all’Aula Paolo VI: anche lo stadio fu progettato dall’architetto Pier Luigi Nervi. L’altare, purtroppo, volta le spalle alla Curva Fiesole, di cui non potrà ammirare i morbidi declivi. Ma la scala elicoidale e il pennone, esempi di razionalismo italiano, saranno alla sua sinistra. E alla fine, ci scommettiamo, il boato sarà lo stesso di quando segna la Fiorentina.

da Avvenire, del 10 ottobre 2015

 

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