rassegna stampa

Betori: ci ha indicato il modo per essere una “Chiesa in uscita”

di Umberto Folena

Il cardinale arcivescovo di Firenze: commosso dalla gente, ha aperto il suo cuore dando il meglio di sé. E anche il Papa mi è sembrato colpito Il suo è stato un grandissimo discorso che ci indirizzerà su precisi binari La parola sinodalità avrà il suo peso Nell’espressione Convegno ecclesiale l’aggettivo vale più del sostantivo e sottolinea lo stile con cui si conviene per fare esperienza di comunità

La sintonia si nota anche nei dettagli. Come questo che il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, racconta al telefono al termine della Messa celebrata da Francesco allo stadio: «Lunedì sera nel mio saluto avevo ricordato l’Ecce homo che campeggia sulla cupola del Duomo. Sentire Francesco cominciare il suo discorso allo stesso modo mi ha fatto sentire bene. Dirò di più: mi sono commosso».

Al termine dell’Eucaristia allo stadio, ieri pomeriggio, ha rivolto al Papa un breve discorso interrotto spesso dagli applausi.

Ho detto al Papa di quanto fossimo felici per il tempo che ci aveva dedicato. E gli ho ricordato alcune figure che i fiorentini sentono particolarmente vicine: il cardinale Elia Dalla Costa, pastore e “giusto tra le nazioni”; don Giulio Facibeni, fondatore dell’Opera Madonnina del Grappa e anch’egli “giusto tra le nazioni”; Giorgio La Pira, sindaco santo, profeta di giustizia e di pace.

A questo punto lo stadio intero è scoppiato in un applauso.

Ho aggiunto che nei nostri cuori hanno trovato posto anche le voci di un cattolicesimo vivace e provocatore, tra cui quella di don Lorenzo Milani, che ha richiamato il primato dell’educazione e della coscienza in una sofferta ma leale fedeltà alla Chiesa.

Un Convegno ecclesiale con al centro la parola umanesimo non poteva tenersi che a Firenze. Quali caratteristiche ha l’umanesimo fiorentino, remoto e recente?

Ruota attorno a tre termini: verità, bellezza e carità. Giovanni Paolo II, nella sua visita a Firenze di 29 anni fa, ricordava come l’umanesimo consistesse nel promuovere con tutti i mezzi la verità sull’uomo. Verità, sia chiaro, che consiste non in un dottrina ma in un servizio da rendere con amore.

Anche Mario Luzi diede la sua declinazione di “umanesimo” con parole divenute celebri, che lei ha ricordato a Francesco e allo stadio intero.

Disse testualmente: «Dove può giungere l’umanesimo, può giungere l’amore nella sua specie più alta e gratuita di carità che forse dell’umanesimo è la cima svettante». Questo i fiorentini lo sanno, l’hanno sempre saputo nel profondo del proprio cuore e dell’intelletto, questi fiorentini che pure sembrano così “fieri e secchi”. Qui allo stadio però c’era anche tanto cuore.

Ed è scoppiato un altro applauso.

Luzi concludeva: «La storia di Firenze e la sua cultura sono tutte costellate di astri di pietà».

I fiorentini sono noti per essere assai polemici e poco inclini ai facili entusiasmi. Come le sembra che abbiano accolto Francesco?

La mia gente? Mentre l’auto girava nello stadio, ho sentito distintamente tre espressioni tornare più e più volte: «Ti vogliamo bene, Francesco!», «Grande Francesco!» e «Resisti, Francesco!». Poi ho sentito un uomo lanciargli un invito tipicamente fiorentino: «Vai pulito, Francesco!». “Pulito” qui da noi va inteso nel senso di libero, senza ostacoli.

E il Papa?

Mi è sembrato molto colpito dalla tante gen- te e dal tanto affetto. Non dico che non se lo aspettasse, ma forse non se l’aspettava in questa quantità proprio nella città “secca e fiera” di Luzi, che però davanti a Francesco ha aperto il cuore dando il meglio di sé. Confesso che in qualche momento ero quasi commosso.

E il Convegno ecclesiale nazionale? Quando peso avrà il discorso del Papa ai delegati in Santa Maria del Fiore?

È stato un grandissimo discorso che non pregiudicherà il Convegno, indirizzandolo però su precisi binari.

Quali?

I tre “sentimenti”: umiltà, disinteresse e beatitudine. E le due tentazioni da sconfiggere, quella pelagiana e quella gnostica. Non a caso le conclusioni del Convegno non sono ancora state scritte, di stabilito c’è solo la strada, non la meta.

Un discorso lungo, cosa inusuale per Francesco. Segno che l’appuntamento gli stava particolarmente a cuore?

Era il doppio di un suo discorso abituale, e pieno di cose. Richiami, certo, ma anche riconoscimenti. Con grande chiarezza ci ha detto ciò che la Chiesa italiana è, ha fatto e le resta da fare per essere davvero una Chiesa in uscita.

Ad un certo punto ha usato l’espressione “sinodale” per descrivere il metodo di lavoro del futuro.

È vero, e di questo il Papa va ringraziato. A questo proposito, però, bisognerebbe riguadagnare una lettura onesta dei precedenti convegni ecclesiali: tutto si può dire, ma non che sia stata assente la dimensione sinodale. Tutti ricordiamo che cosa incombeva nel 1976, quando fu celebrato il primo. Nel 1995 a Palermo l’ambito “giovani” non approvò il testo finale e fu riconvocato un mese dopo a Roma. Nell’espressione ‘convegno ecclesiale’ l’aggettivo vale più del sostantivo e sottolinea il modo, appunto, con cui si conviene per fare esperienza ecclesiale.

Da oggi che cosa succede?

La parola sinodalità avrà il suo peso. E ricordiamoci sempre che il Convegno ecclesiale costituisce un punto di partenza, non di arrivo.

da Avvenire, 11 novembre 2015

Lascia un commento

You must be logged in to post a comment.