rassegna stampa

Betori: l’impresa possibile di far dialogare verità e umano

di Marco Iasevoli

Più di un saluto. È una vera e propria ambientazione spirituale, culturale e civile quella che l’arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, ha voluto offrire ai delegati al Convegno ecclesiale nazionale. In dialogo con due voci narranti che hanno letto brani dei poeti Mario Luzi e Rainer Maria Rilke, ma soprattutto in dialogo con la storia e il patrimonio artistico del Duomo di Santa Maria del Fiore, Betori ha provato a definire i tratti di un’«impresa disperata» eppure possibile: proporre un nuovo modello di umanità sulle orme di Gesù Cristo.

E Firenze è la prova che l’«impresa disperata» già appartiene alla storia dell’umanità e ha proprio nel Rinascimento i suoi segni evidenti. «Nelle pareti di questa Cattedrale trovate la consapevolezza di mutua appartenenza tra Chiesa e città e quella convinta apertura al dialogo tra ricerca dell’uomo e verità cristiana», ha spiegato Betori. Un diverso modo di ridire ciò che Francesco chiama “Chiesa in uscita”. «Ciò che mosse i passi da questa città tra la fine del Duecento e fin tutto il Cinquecento – ha continuato Betori – ebbe le sue radici più proprie in una visione della vita e della storia che nella fede cristiana riconosceva il vertice del cammino dei popoli e delle culture che l’avevano preceduta e in essa ripensava la classicità, per proiettarsi in progetti futuri ». E ancora oggi Firenze è la prova tangibile che «l’affermazione dell’umano, nelle sue espressioni migliori, ha saputo legare insieme il senso alto della cultura e dell’arte con la cura del debole e l’esercizio della misericordia». Un punto sul quale Betori ha insistito fortemente, invitando i delegati ad alzare il capo verso la cupola di Brunelleschi, verso quell’angelo che proclama l’“Ecco homo” «sopra il capo del Cristo glorioso ». «La cultura di questo popolo – ha concluso Betori – era consapevole di quale fosse la radice che la faceva germinare».

Suggestivo proprio l’inizio del saluto dell’arcivescovo di Firenze, con le parole quasi provenienti da lontano di un’attrice che dà voce a Santa Maria del Fiore, o almeno ai sentimenti che a lei ha attribuito Mario Luzi. «È la mia voce che ora ascoltate, sono Santa Maria del Fiore. Mi volle la città fervente alta sopra di sé… Grande mi concepirono i mercanti e il popolo minuto». A questo innesto tra fede e vita del popolo, a questa «verità dell’uomo occorre tornare ad attingere», ha evidenziato Betori. Ma la sfida è difficile perché «nell’affermare se stesso l’uomo può anche decadere in forme orrende di disumanizzazione». Infine la «consegna» della città alla vitalità dei delegati e di tutta la Chiesa italiana. «La Firenze più vera si consegna a voi, pur nelle contraddizioni di una storia inquieta e tormentata» in cui le problematiche morali, sociali ed economiche si sovrappongono a «forme superbe di bellezza, di passione generosa e multiforme di carità». È la Firenze di oggi, è l’Italia di oggi.

da Avvenire, 10 novembre 2015

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