rassegna stampa

Card. Betori: solo la carità e la cura del debole salvano da un destino di disumanizzazione

“Nell’affermare se stesso l’uomo può anche decadere in forme orrende di disumanizzazione: siamo eredi di una storia che, specialmente nei secoli a noi più vicini, ha mostrato quanto feroce e brutale possa essere l’umanità”. Lo ha detto il cardinale arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, accogliendo in cattedrale i 2.200 partecipanti ai lavori del Convegno ecclesiale nazionale, partiti con quattro processioni dalle quattro basiliche cittadine di Santa Croce, Santa Maria Novella, Santo Spirito, Santissima Annunziata. “Solo se l’umanesimo riveste i caratteri della carità può sfuggire a questo destino – il monito del cardinale -. Ed è quanto mostra la storia di questa città, in cui l’affermazione dell’umano, nelle sue espressioni migliori, ha saputo legare insieme il senso alto della cultura e dell’arte con la cura del debole e l’esercizio della misericordia”. Così, secondo il card. Betori, “la Firenze più vera si consegna a voi, pur nelle contraddizioni di una storia inquieta e tormentata, e questo orizzonte vi indica come un traguardo e una missione: una sintesi di ricerca sincera e intensa del vero, di espressione in superbe forme di bellezza, di passione generosa e multiforme di carità”.

In una visione di umanesimo in cui verità, bellezza, generosità e carità si intrecciano “non abbiamo timore di inoltrarci, in quanto in essa riconosciamo non una teoria astratta sull’uomo, ma un’esperienza dell’uomo fatta tessuto di condivisione di popolo”, ha detto il cardinale arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, accogliendo in cattedrale i 2.200 partecipanti ai lavori del quinto Convegno ecclesiale nazionale con quattro processioni dalle quattro basiliche cittadine. “Lo indica Papa Francesco nell’Evangelii gaudium”, ha ricordato citando il Pontefice: “Il sostrato cristiano di alcuni popoli – soprattutto occidentali – è una realtà viva. Qui troviamo, specialmente tra i più bisognosi, una riserva morale che custodisce valori di autentico umanesimo cristiano”. “Il luogo che vi accoglie”, ha proseguito il card. Betori, “è il frutto della cultura di un popolo consapevole di quale fosse la radice che la faceva germinare e che alimentava l’umanesimo che andava costruendo per offrirlo come un dono all’intero mondo”. Tale radice “era così chiara alla coscienza di questo popolo” che la fece incidere nella cupola di Filippo Brunelleschi, “dove volle fosse l’immagine della meta verso cui siamo in cammino, che ha al suo centro Gesù, in cui riconosceva la pienezza dell’umano. ‘Ecce Homo’, proclama l’angelo che scorgete sopra il capo del Cristo glorioso, volto compiuto del disegno d’amore del Padre sull’umanità. In questa indicazione il Convegno ha già il cammino tracciato”.

Accogliendo gli oltre duemila partecipanti al Convegno ecclesiale nazionale nel duomo di Firenze, il cardinale arcivescovo Giuseppe Betori ha citato le parole che Mario Luzi pone in bocca alla cattedrale, “fatta figura della Chiesa, nel suo Opus florentinum, composto in occasione del Giubileo del millennio”, parole nelle quali “si illumina la consapevolezza di mutua appartenenza tra Chiesa e città” e “quella convinta apertura al dialogo tra ricerca dell’uomo e verità cristiana, che Papa Francesco traduce nella felice immagine di Chiesa ‘in uscita’”. Accanto a Luzi anche Rainer Maria Rylke e il suo ritratto tormentato “dell’uomo occidentale, colto nell’emergere della propria affermazione di sé”. “Se questa, così come la descrive Rylke, è la vicenda della ricerca umanistica dell’Occidente – ha osservato il cardinale -, c’è da chiedersi se noi qui non stiamo osando un’impresa disperata”. Eppure, secondo Betori, nel “dramma dell’umanesimo ateo” si può ben cogliere quello che Henri De Lubac definisce “un’Alba incompiuta”. È alla “verità dell’uomo” che riconosce il suo vertice nella fede cristiana che “occorre tornare ad attingere”.

Fonte: SIR – Servizio Informazione Religiosa (9 novembre 2015)

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