rassegna stampa

«Casa, lavoro e pace». La lezione di La Pira

di Marco Iasevoli

A Palazzo Vecchio incontro sul “sindaco santo” e padre costituente che seppe unire contemplazione e grande concretezza nelle scelte per la sua gente. Primicerio: ci diceva di pregare con la Bibbia e il mappamondo.De Siervo: ebbe a cuore una Carta pluralista fondata sul principio per cui tutte le strutture dell’edificio istituzionale sono ordinate all’uomo

Nella penombra del meraviglioso Salone dei Cinquecento, vecchie immagini Rai proiettano volti, parole e gesti di un ‘marziano’, Giorgio La Pira. Di un cristiano contemplativo «obbligato a fare il sindaco e il parlamentare» – parole sue -, di un laico credente che aveva l’ardire di affermare in pubblico cose tipo «il lavoro e il pane sono valori di base, la preghiera e la contemplazione valori di vertice». Di un professore di diritto romano che, parlando del suo servizio alla città di Firenze, si dava un criterio così rigoroso da sembrare, oggi, un miraggio: «Un sindaco che per paura dei potenti abbandona il suo popolo è come un pastore che lascia il suo gregge ». Sintonie con il magistero di Francesco, analogie evidenti con il discorso tenuto dal Papa martedì mattina in Cattedrale. Una spinta a chi oggi guarda con paura all’impegno politico. D’altra parte se il ‘servo di Dio’ Giorgio La Pira è già per molti ‘il sindaco santo’ un motivo ci sarà.

A guidare i delegati alla scoperta di La Pira, nel pomeriggio di ieri, è stato Mario Primicerio, il giovane che nel 1965, a conclusione del suo secondo mandato da primo cittadino, ac- compagnò La Pira nel visionario viaggio in Vietnam nel tentativo di fermare la guerra (poi anche Primicerio è stato sindaco di Firenze negli anni ’90 e oggi è presidente della Fondazione intitolata al servo di Dio). «Ci diceva: ragazzi, pregate con la Bibbia e il mappamondo sul comodino», ricorda l’allievo del padre costituente. Come a dire: più larga è l’ampiezza della preghiera, più larga è l’ampiezza dell’impegno. Primicerio ricorda l’azione di La Pira sindaco su tre assi fondamentali, casa, lavoro e pace, le battaglie accesissime per mantenere a Firenze insediamenti produttivi vitali come la Pignone, che fu riconvertita dopo la fase bellica grazie al sostegno dell’Eni di Enrico Mattei. Il tutto nel solco di quella famosa espressione che ‘il sindaco santo’ amava ripetere: «Bisogna lasciare – pur restandovi attaccato col fondo del cuore – l’orto chiuso dell’orazione… bisogna che questa vita si costruisca dei canali esterni destinati a farla circolare nella città dell’uomo». Nessun dualismo tra contemplazione e impegno, dunque. Tanto più che l’orante La Pira fu padre costituente, fase di vita ricostruita dal presidente emerito della Corte Costituzionale Ugo De Siervo: «Ebbe a cuore una Carta pluralista, fondata sul principio per cui tutte le strutture dell’edificio istituzionale sono ordinate all’uomo». Ritorna continuamente, nel Salone dei Cinquecento, la Messa di San Procolo, o ‘Messa dei poveri’, un’intuizione con cui il trentenne La Pira, nel 1934, completò un percorso iniziato dalla conversione di dieci anni prima. Ne parla Giulio Conticelli, vicepresidente della Fondazione, incaricato di disegnare il profilo spirituale del sindaco e di fermarsi in particolare su quella lunga fase pre-politica in cui La Pira conduceva una vita tra meditazione e studio. Di questa Messa speciale (La Pira la concludeva intrattenendosi con chi vi partecipava e con la distribuzione del pane benedetto e di un piccolo obolo), spiega i dettagli l’attuale presidente dell’Opera San Procolo, Gioia Del Perugia. Ne illustra l’origine, l’organizzazione, i fini, il presente. Pregare con i poveri, per i poveri, farsi sostenere nel servizio pubblico dalla preghiera dei più umili. Stare con loro per capire la vita. Un’esperienza che continua ancora oggi, ogni domenica mattina alle 9. «Nacque da un bisogno di sborghesimento del nostro cristianesimo», scrisse lo stesso La Pira. Lungo il viaggio nella vita del sindaco di Firenze affiorano altri nomi storici per la città di Firenze come quello di Maretta Mazzei, cui ora è intitolata un’associazione guidata da Giovanna Carocci. E quello di Pino Arpioni, a lungo anima dell’Opera La Pira per la gioventù, ora ereditata da Gabriele Pecchioli. Ma i richiami all’attualità sono disseminati in tutta la vita di La Pira. Il sogno di una Terra Santa pacificata. Il dialogo con l’Est e il Sud del mondo. Gli incontri mondiali dei sindaci. Il desiderio di distensione con la Russia, sino alla scelta di andare a Mosca da Kruscev per parlare di disarmo. Molti di questi temi sono nelle lettere che La Pira scrisse a Paolo VI, raccolte in un volume intitolato ‘Abbattere muri, costruire ponti’.

da Avvenire, 13 novembre 2015

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