rassegna stampa

Chiesa in Italia, la via della concretezza

di Umberto Folena

Stabilire alleanze, ricreare legami, rimettere insieme un mondo frammentato. Dal sociologo Magatti e dal teologo Lorizio la sfida di una comunità che si fa popolo, maestra d’umanità povera, coraggiosa, ardente sempre accanto agli ultimi

Teoria e prassi. Due sole relazioni, ieri mattina, al quinto Convegno ecclesiale nazionale, e racchiuse in poco più di un’ora di tempo. Dovendo essere veloci, il sociologo Mauro Magatti e il teologo don Giuseppe Lorizio nel teorizzare sono stati anche pratici, non potendo attardarsi in arzigogoli e in ritualità convegnistiche. Per questo gli va detto grazie. E gli va chiesto scusa per le fatali omissioni di una sintesi estrema, che inevitabilmente dimentica assai più di quel che riesce a ricordare. Ma che cosa avranno in comune i discorsi del teologo e del sociologo? Dove mira l’umanesimo che entrambi declinano? Proprio questo è risultato evidente: pur con linguaggi diversi, il filo conduttore e la meta comune coincidono con il compito della Chiesa, custode dell’umanesimo, di «rimettere insieme» i pezzi di un mondo sfilacciato, di una società italiana frammentata. Ricreare legami, stabilire alleanze.

Magatti parla di «umanesimo della concretezza », dove concretezza significa cum crescere, ossia crescere insieme, rimettendo in dialogo ciò che abbiamo così bene imparato a separare; ed è appunto il contrario di “separazione”, ossia di astrazione. Astratta, incalza Magatti, è «un’economia puramente finanziaria, dimentica che il suo stesso futuro si fonda sul lavoro, l’educazione, lo sviluppo sociale»; astratta è la politica «che riduce i cittadini a elettori»; astratta è la città «pensata per le automobili, i telefonini, gli uffici e non per le persone, gli anziani, i bambini, i poveri, e dove non c’è spazio per la natura». L’obiettivo, con Bauman pur senza citarlo esplicitamente, è la concretezza «intesa come pratica di affezione (amore) aperta alla trascendenza e per questo capace di ricomporre la frammentazione che dilaga nella nostra vita personale e sociale».

L’umanesimo mette in dialogo, unisce e non divide né fa confliggere, altrimenti non è. Lorizio lancia la sfida delle “sette alleanze”. L’alleanza tra uomo e natura, con la Laudato si’ come stella polare e l’invito a «ritrovare le radici umanistiche del progresso tecnico e tecnologico »; l’alleanza tra uomo e donna e l’alleanza generazionale, che consiste nel ricucire l’amicizia tra il Paese e i giovani, impedendo che, sfiduciati, scappino all’estero, dando loro un futuro; e ancora l’alleanza tra i popoli e l’alleanza tra le religioni, perché le fedi costituiscono «una risorsa e non degli ostacoli all’unità del genere umano»; l’alleanza tra cittadino e istituzioni minata da sospetti e diffidenze; e infine l’alleanza tra Cristo e la Chiesa, perché è drammatico dover riconoscere le infedeltà dei membri di quest’ultima e le conseguenti controtestimonianze, ma è bello, perfino entusiasmante credere e impegnarsi per rendere reale «il sogno di una Chiesa libera e povera».

La Chiesa italiana è attrezzata per questo compito di ricucitura, di ricomposizione dei frammenti, di risanamento delle lacerazioni? Per Magatti sì, ma ad alcune condizioni: «Il nostro contributo, come Chiesa italiana e come cittadini italiani, a un “nuovo umanesimo” può derivare dal riscoprire la nostra storia, la nostra identità più profonda. Dal creare cioè un terreno favorevole a un umanesimo della concretezza che, facendoci riscoprire l’infinito di Dio attraverso la cura della carne dell’altro e della natura che ci ospita (le alleanze di Lorizio, ndr), sia paradigma per un vero rilancio del nostro Paese». La condizione? «Occorre un popolo (la Chiesa) disposto a mettersi in cammino ( ex-odos) insieme ( sun-odos). Confidando nella terra promessa». Magatti non teme di andare ancora più in là sul piano della concretezza, quando parla di ciò che invece sembrerebbe il suo opposto, la custodia della trascendenza: «È questa una grande responsabilità della Chiesa nella sfera pubblica contemporanea: prima e più che l’esibizione di certezze granitiche, prima e più che la partecipazione alla discussione collettiva, siamo interpellati a tenere vivo nella città il fuoco della preghiera». Una Chiesa dunque “disimpegnata”? No. Al contrario, c’è sempre più bisogno, per Magatti, di «una Chiesa ardente, coraggiosa, povera. In cammino, che si fa popolo e vicina al popolo, che fa pensarsi prima di tutto in fraternità». Verrebbe da pensare a una “ottava alleanza”, con Lorizio, l’alleanza della Chiesa… con se stessa, Chiesa intesa, e qui è sempre Magatti, come «rete ricca e plurale fatta di territori, parrocchie, associazioni, famiglie, persone. Una Chiesa “comunione di comunità”». Concretissimo, questo umanesimo della concretezza, perché non volge le spalle a nessuna sfida: un’economia da rilanciare «senza avvantaggiare solo i forti», i profughi da accogliere «con intelligenza e creatività istituzionale»; un diverso «profilo demografico » del Paese. Nella stessa prospettiva è la «cultura dell’incontro » di cui parla Lorizio, con una «teologia che sappia farsi carico dei conflitti ponendosi alle frontiere». Per entrambi, il teologo e il sociologo, la Chiesa si appresta a vivere una stagione ricca. Ma la “forza” della storia e della presenza capillare, tipicamente italiana, comporta grande responsabilità. «La nuova alleanza – conclude Lorizio – pone l’agire ecclesiale delle nostre comunità in uno stato di conversione, aiuta a rifuggire la tentazione del “si è sempre fatto così”, spinge a superare una pastorale fondata sulle strutture». La musica di Magatti ha note molto simili. «La società italiana ha bisogno di una Chiesa viva. Conquistata dallo Spirito, lieta nell’abbandonare gli eccessi di specializzazione e di burocratizzazione. In uscita, maestra di umanità perché ricca della misericordia del Padre».

da Avvenire, 12 novembre 2015

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