segni dell'umano

Cristo e l’adultera

di Alessandro Rossi

Jacopo Negretti detto Palma il Vecchio, Cristo e l’adultera, 1510-1511, olio su tela, cm 82 x 69,5, San Pietroburgo, Museo Statale Ermitage.
Jacopo Negretti detto Palma il Vecchio, Cristo e l’adultera, 1516-1518, olio su tela, cm 77 x 73, Roma, Musei Capitolini. 

«L’uomo nelle sue azioni e nella sua prassi tanto quanto nelle sue finzioni è essenzialmente un animale che racconta storie» afferma il filosofo scozzese Alasdair MacIntyre (1981). Quando un episodio di queste storie viene dipinto, passando dal linguaggio verbale a quello iconico, la sua grammatica base muta: la successione della sequenza temporale condotta dalle forme verbali viene sostituita da espedienti compositivi attraverso cui l’artista articola il suo racconto in figure. La temporalità viene a comprimersi nella densità di un istante fermato nella staticità di un’immagine che, a saperla leggere, rivela il proprio potere comunicativo, mostrando su se stessa le intuizioni e le intenzioni di chi ha concepito tale racconto dipinto.

Per essere efficace ogni narrazione deve essere in grado di coinvolgere chi la ascolta o chi la guarda evocando la compresenza in se stessa di una molteplicità di dimensioni diverse (da quella letterale a quella simbolica e allegorica) le une sovrapposte alle altre in trasparenza. La pittura è talvolta in grado di rendere visibile tale processo servendosi dell’apparentemente semplice accorgimento compositivo della “sovrapposizione” delle figure. Figure che, con il loro sguardo e la loro postura, gestualità e atteggiamento, si incaricano di suggerire allo spettatore una narratività iconica che si modula nello spazio, introducendo la dimensione temporale dell’aspettativa, della potenzialità, della sospensione.

Il confronto fra le due versioni del Cristo e l’adultera di Palma il Vecchio può essere un suggestivo esempio di quanto sopra riportato. Nella versione più antica, quella dell’Ermitage, Cristo partecipa alla muta conversazione fra il fariseo e l’adultera (rivolgendo il suo sguardo verso il primo e indicando la seconda), nella versione dei Musei Capitolini è sufficiente che Cristo diriga lo sguardo verso lo spettatore perché la scena di compassione che si sta svolgendo davanti a lui diventi esemplificativa, diventi cioè un exemplum etico comportamentale. Lo sguardo di Cristo è in questo dipinto uno sguardo interrogativo, d’attesa. È lo sguardo di chi aspetta una risposta dopo aver esortato il suo interlocutore a compiere un’azione. Esortazione che non è rivolta agli scribi e ai farisei dipinti davanti o a fianco a lui ma a colui che – vivente – sta guardando il dipinto. Il Cristo raffigurato da Palma attende che l’osservatore si domandi se si senta o meno in diritto di tirare la prima pietra contro l’adultera – come nei versetti del Vangelo di Giovanni 8, 7 trascritti in latino nella versione dell’Ermitage – ma già sa che nessuno di chi osserva il quadro potrà, al pari dell’anziano fariseo, sentirsi senza peccato, mostrando anch’egli un atteggiamento compassionevole nei confronti della peccatrice.

Nel dipinto conservato a Roma la narrazione del Vangelo si estende pertanto fuori e al di là della sua rappresentazione episodica, coinvolgendo ogni spettatore che desideri annuire all’opera che sta guardando perché comprende che questa profondamente lo ri-guarda. A trasmettersi pertanto, sotto forma di narrazione iconica, è l’ora della conoscibilità dell’opera, che analoga si ripropone tanto ai tempi di Palma il Vecchio (e dei suoi committenti) quanto nel qui e ora di chi, consapevolmente, guarda il dipinto lasciandosi dallo stesso interpellare. A voler interpretare in chiave ancora più filosofica le due diverse tipologie di narrazione iconica espresse dai dipinti in esame, si potrebbe dire, riprendendo Gilles Deleuze (1969), che il dipinto dell’Ermitage mostra «l’evento come qualcosa che accade» mentre il dipinto dei Capitolini mostra «l’evento come puro esprimibile che, in ciò che accade, si fa segno e ci aspetta».

2 Commenti a “Cristo e l’adultera”

  1. Isabelle Poncet
    il

    La narrazione deve fare proprio questo : far entrare chi ascolta nel racconto evangelico e la versione dei musei capitolini fa proprio questo. Nel trasferire la fede ai più piccoli i quadri sono un supporto molto valido… Bisogna però saper scegliere quello giusto. Grazie per questo bellissimo articolo.

  2. Fausto Fracassi
    il

    Chiaro, coinciso, profondo, palese dimostrazione di come nulla, in una composizione artistica di tale livello, sia lasciato al caso. Il giusto equilibrio tra lettura iconografica e interpretazione umana e naturalistica dell’opera d’arte.

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