rassegna stampa

Da Roma 1976 a oggi, la strada verso una «Chiesa in uscita»

di Mimmo Muolo

Chiamateli «stati generali» o «verifica» o « road map » per il futuro, la verità è che i convegni nazionali decennali si sono caratterizzati soprattutto per una caratteristica: l’aver segnato delle autentiche svolte nel cammino della Chiesa italiana. Perciò non stupisce che le attese, anche per Firenze 2015, vadano in questa direzione, a partire dall’intervento del Papa, previsto all’inizio (e anche questa è una autentica novità) e non a lavori inoltrati, come era avvenuto nelle quattro precedenti occasioni. Svolta, si diceva. Tale fu in se stesso, innanzitutto, il primo Convegno ecclesiale nazionale del 1976 a Roma. Svolta rispetto a una prassi pastorale che ancora non aveva del tutto assimilato gli insegnamenti del Concilio, mentre da quel primo convergere nacque un diverso modo di approcciare le problematiche del rinnovamento post-conciliare, i cui frutti arrivano fino ai giorni nostri. E svolta fu, al medesimo tempo, anche Loreto 1985, con Giovanni Paolo II che consegnò alla Chiesa in Italia (largamente conosciuta attraverso i suoi viaggi) la chiara indicazione di una fede che doveva recuperare un ruolo guida anche nella società. Così come lo stesso Giovanni Paolo II, dieci anni dopo, a Palermo nel 1995, in un momento di passaggio (e qualche incertezza) segnato dalla fine dell’unità politica dei cattolici, tracciò ancora una volta la strada da seguire: nessuna diaspora culturale, come conseguenza delle molteplicità possibile delle opzioni partitiche, ma una unità di fondo intorno ai valori del Vangelo. Fu in pratica il varo definitivo del Progetto culturale cristianamente orientato, che avrebbe segnato anche gli anni del pontificato di Benedetto XVI. Al quale si deve, poi, nel corso del suo intervento a Verona nel 2006, l’ulteriore svolta della sottolineatura di una Chiesa del grande sì a Gesù Cristo e al suo disegno d’amore per l’umanità, quando invece molti la dipingevano come una Chiesa dei no, tutta arroccata su se stessa.

Quale sarà il compito del Convegno di Firenze? Se è inscritto nel dna di questi appuntamenti decennali l’essere momenti di svolta, le premesse, almeno stando ai lavori preparatori, ci sono tutte. E a ben vedere una prima grande svolta (di cui quella attesa dall’incontro nel capoluogo toscano non può che essere figlia) c’è già stata con l’avvento di papa Francesco e il rinnovamento promosso a più livelli dal suo magistero e dalla sua azione pastorale. Si può dunque dire che il processo di avvicinamento a Firenze è stato dettato dalla necessità di mettersi sempre più in sintonia con i capisaldi di quel magistero, a partire dalla individuazione delle cinque vie, che riprendono i verbi cardine della Evangelii gaudium. Per questo non è difficile ipotizzare che il discorso del Pontefice e i successivi lavori verranno a completare quell’opera di sintonizzazione per individuare le strade sulle quali camminare per stare al fianco degli uomini e delle donne del nostro tempo, per fasciare le ferite dei tanti umanesimi negati, e illuminarli – proprio come fece il Viandante di Emmaus – con la luce della Parola, la carità della pazienza e il dono della condivisione del pane. In tal modo Firenze 2015 sarà molto più che gli stati generali della Chiesa italiana. Anzi, un generale stato di Chiesa in uscita, che è la vera svolta attesa dal Convegno.

da Avvenire, 8 ottobre 2015

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