rassegna stampa

Dal Duomo a San Lorenzo alla «scuola» della bellezza

di Timothy Verdon

Non solo i lavori ma anche molti momenti culturali del Convegno ecclesiale si svolgono nell’affascinante cornice dei due capolavori di Brunelleschi, l’uno emblema della rinascenza fiorentina nel campo delle arti e della tecnica, l’altro simbolo della speranza, propria dell’uomo fatto a somiglianza di Dio, di realizzare la propria natura, penetrando le leggi che strutturano l’universo per poi riprodurle in chiave artistica ma soprattutto nell’ambito della vita spirituale, morale ed etica

Cercando “in Gesù Cristo un nuovo umanesimo”, la Chiesa italiana ha scelto Firenze, culla dell’umanesimo rinascimentale, come sede del suo convegno decennale. Spera di attingere anche dal passato lezioni utili per il futuro, senza curarsi del fatto che molti oggi si fidano solo del presente. L’opzione fiorentina ha quasi del romantico, infatti, nell’implicita fiducia che le persone possano ancora essere toccate dalla bellezza.

Perché la prima lezione di Firenze, ovunque evi- dente, è questa: la bellezza. Non parlo dell’ovvio fascino estetico degli innumerevoli capolavori, ma di una Bellezza che rivela all’uomo la dignità del proprio essere creato a immagine di Dio. Quella forgiata dai maestri fiorentini del Quattro e del Cinquecento – da Ghiberti, Donatello, Masaccio, Angelico, Leonardo e Michelangelo – non è infatti bellezza di sola apparenza, ma è carica di senso umano, così come l’architettura del Brunelleschi è umanamente razionale.

Soffermiamoci su Brunelleschi, visto che i lavori e gli ozi del convegno si svolgono tra due sue realizzazioni: sotto l’immensa cupola del Duomo, praticamente l’emblema della rinascenza fiorentina delle arti e della tecnica, e nella basilica di San Lorenzo, che ospita una mostra d’arte sacra contemporanea allestita per l’occasione e dove si svolgono concerti serali di musica sacra.

Che cosa hanno visto e vedranno in questi monumenti i convegnisti, architetti del nostro prossimo futuro ecclesiale? Nell’ardita cupola costruita tra il 1420-1436 contempleranno un trionfo d’ingegneria elevato a simbolo cristiano. Titanica nelle dimensioni, la cupola suggerisce una grandezza spirituale – una dilatazione del rapporto tra l’uomo e Dio – in qualche modo assoluta. È la prima espressione post-antica di un potenziale umano sconfinato, una capacità nell’uomo di raggiungere i confini della conoscenza. Celebri le parole del contemporaneo di Brunellschi, Leon Battista Alberti, nel Prologo di un trattato stillato mentre l’opera era ancora in costruzione, il Della Pittura: «Chi mai sì duro o sì invido che non lodasse Pippo architetto vedendo qui struttura sì grande, erta sopra e’ cieli, ampla da coprire con sua ombra tutti e’ popoli toscani… ». Ecco un traguardo anche per il convegno: edificare una «struttura» così «grande e «ampla » da offrire a tutti il refrigerio della sua bellezza. A San Lorenzo poi i convegnisti vedono tradotta in pietra la fede rinascimentale in una bellezza «sempre antica, sempre nuova» che purifica lo sguardo mentre rapisce l’anima, e in un ordine che educa l’uomo e lo nobilita. In questa chiesa la simmetria delle forme e l’equilibrio degli spazi parlano di un Dio che vince il caos, crea l’ordine e riempie l’universo di luce, che è anche luce dell’intelletto. Lo stile perfezionato da Brunelleschi – in cui elementi strutturali vengono articolati in arenaria grigia (la pietra serena), mentre i muri sono lasciati bianchi – invita a sperimentare l’edificio in termini concettuali: il credente analizza la struttura, leggendone gli elementi portanti come si legge un disegno, così che l’incontro con Dio, che ogni chiesa predispone, qui è vissuto come intelligibilità dinamica, condivisa, reciproca. In questa chiesa l’uomo fatto a somiglianza di Dio ritrova la speranza di realizzare la propria natura, penetrando con l’intelligenza le leggi che strutturano l’universo per poi riprodurle non solo nell’architettura, come fece Brunelleschi, ma nella propria vita spirituale, morale ed etica. Al cuore di tale esperienza traspare infine una “logica” al contempo umana e divina: si svela cioè il Logos attraverso cui tutto l’esistente è articolato: Gesù Cristo, Luce della coscienza, ma anche dell’intelletto degli uomini.

da Avvenire, 12 novembre 2015

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