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Differenza e reciprocità

di Piero Coda

La questione femminile è giunta al punto di svolta. E cioè a mettere allo scoperto che il pungolo da cui prende le mosse non è in verità questione della donna soltanto: ma del rapporto tra il maschile e il femminile.

Questo è il punto. E la politica dello struzzo che non vuole prenderlo sul serio ha perso in partenza.

Ciò che è in gioco è il congedo da un umanesimo androcentrico – e cioè unilateralmente plasmato sul e dal maschile – a favore d’un umanesimo della differenza e della reciprocità asimmetrica del maschile e del femminile: asimmetrica perché, essendo uno come espressione dell’umano, il maschile e il femminile sono distinti e ricchi ciascuno di specifico valore e significato.

Un compito spirituale, culturale ed educativo di ingente portata e di grande respiro, non c’è che dire!

Papa Francesco non si stanca di sottolinearlo: «La cultura moderna e contemporanea ha aperto nuovi spazi, nuove libertà e nuove profondità per l’arricchimento della comprensione di questa differenza. Ma ha introdotto anche molti dubbi e molto scetticismo», occorre dunque «affinare l’intimità della comunione e custodire la dignità della differenza».

Perché la comunione non significa togliere le differenze, ma comprenderle e gestirle come reciprocità dei distinti i quali, così riconosciuti, diventano nel libero rapporto tra di loro ciò che sono: uguali nella loro diversità, diversi nella loro uguaglianza – grazie al mutuo dono di ciò che ciascuno è.

Questo l’ideale proposto da Gesù: che è lungi però dall’esser diventato esperienza viva e condivisa. Il “genio femminile” – per dirlo con la felice espressione di Giovanni Paolo II – in casa cristiana viene infatti tendenzialmente idealizzato, destoricizzato e quasi unicamente concentrato nella figura di Maria e in quella delle pur numerose e straordinarie donne di cui è testimone la vicenda cristiana.

Ma ciò non basta a togliere la contraddizione. Non solo perché la presenza disseminata e fermentante d’un enorme sommerso del femminile non è riuscita a diventare cultura. Ma anche perché da una parte continuano a stare gli uomini e dall’altra le donne: in una figura di socialità che resta sostanzialmente d’impronta maschile.

Prender coscienza di questa contraddizione è ciò che oggi c’interpella. È comprendere che ci troviamo sulla soglia… ma non l’abbiamo ancora attraversata!

Che cosa hanno da essere il linguaggio, il pensiero, l’arte, l’economia, la città, le scienze, la giustizia, la pace, lo sviluppo, la tecnologia una volta attraversata la soglia? Non lo sapremo finché questa soglia non l’attraversiamo: pronti a metterci in gioco insieme.

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