#FIRENZE2015lab, rassegna stampa

Filosofia dell’umanesimo fraterno

Una sintesi della prima giornata

di Pierpaolo Bellucci

Duecento persone hanno preso parte giovedì 7 maggio a Perugia al primo Laboratorio nazionale in preparazione al Convegno ecclesiale di Firenze sul tema “Dalla solidarietà alla fraternità: identità, estraneità e relazioni per un nuovo umanesimo”. Il saluto d’apertura è stato pronunciato dal cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e vicepresidente CEI, che ha riflettuto sul valore dell’accoglienza declinato sulle tematiche del Laboratorio, ovvero solidarietà, fraternità, identità, estraneità e relazioni, al fine di portare un contributo a un’umanesimo definito nuovo perché propositivo.

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Don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della CEI ha spiegato con queste parole l’impostazione del laboratorio: «Ci sentiamo interrogati sulla figura di Gesù e il nuovo umanesimo, intendendo il termine nuovo come propositivo nei tempi in cui viviamo: cerchiamo di passare la visione di un umanesimo capace di dire qualcosa di buono per l’uomo di oggi, capendone le declinazioni che può assumere, dal punto di vista laico-filosofico e interreligioso, approfondendo i punti di contatto tra le tre religioni monoteistiche (cristianesimo, ebraismo e islamismo) e tra queste e le principali religioni orientali (buddismo e induismo)».

La prima giornata ha avuto un taglio di carattere filosofico e antropologico, con l’obiettivo di spiegare il significato della scelta del termine “nuovo umanesimo” e le sue declinazioni nel campo della ricerca filosofica. Angelo Capecci, docente di Filosofia all’Università di Perugia, ha incentrato il proprio intervento sull’approfondimento del postulato “l’uomo è ciò che sceglie“, celebre nella trattazione filosofica, e ll’analisi dei fatti relativi alla storia contemporanea, grazie agli interventi degli storici Luciano Tosi, Marco Impagliazzo e Roberto Morozzo della Rocca.

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L’evoluzione e l’andamento della religiosità in Europa. Marco Impagliazzo, docente di storia all’Università di Perugia e Presidente della Comunità di Sant’Egidio, ha offerto un quadro dell’andamento socio-religioso in Europa, con particolare riguardo alle differenze e alle analogie fra l’Italia e la regione dei Balcani: «Nell’Europa contemporanea il 10% della popolazione è composta da immigrati o da persone di origine non europea – ha detto Impagliazzo –. Questo melting pot genera una pluralità di credenze religiose che obbligano ad un dialogo interreligioso sempre più fervente e importante, che non sia materia riservata a specialisti, ma da collocare in un cammino più vasto della Chiesa italiana. Il dialogo tra le religioni deve essere un fatto di popolo, che riguardi le Chiese locali, le parrocchie e i movimenti. Sostenere la fede delle popolazioni immigrate è necessario a rafforzare i legami comunitari, e salva dal rischio di una religione senza popolo. Papa Francesco nell’ultimo Concistoro ha parlato ai nuovi cardinali di pastorale dell’integrazione. Nella Evangelii Gaudium c’è un passaggio che riecheggia lo spirito di Assisi trent’anni dopo: si parla infatti di mistica del vivere del pellegrinare insieme».

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Tante analogie tra la religiosità italiana e quella balcanica. Il dialogo sull’Europa è proseguito analizzando il contesto dell’Europa balcanica e dei Paesi ex-comunisti con Roberto Morozzo della Rocca, docente di Storia dell’Europa contemporanea e Storia dell’Europa orientale all’Università di Roma Tre. Morozzo ha snocciolato i dati sull’andamento della religiosità popolare nei Paesi dell’Europa orientale, caratterizzati fino al 1989 dall’egemonia comunista, i quali solleticano il ragionamento sulla situazione attuale italiana. «In Polonia stanno rinascendo movimenti laicisti organizzati da polacchi che avevano vissuto il periodo comunista immigrando nei Paesi dell’Europa occidentale – ha spiegato Morozzo –, così come in Romania e nei Paesi balcanici in generale è pressoché assente l’ateismo dichiarato, ma la religiosità è sempre più fragile, anche per la crescita del benessere economico grazie ai fondi europei. In Russia viene mantenuta in molte case la tradizione del cosiddetto “angolo delle icone” come luogo di preghiera, ma la pratica cristiana è poi quasi assente. Anche in Italia viviamo un periodo simile, con la religiosità che va disgregandosi anche tra coloro che si definiscono cristiani».

Homo oeconomicus e nuovo umanesimo. L’ultima tavola rotonda della giornata ha avuto come tema “Società civile, fraternità e dialogo interreligioso: prospettive di nuovo umanesimo”. Carlo Vinti dell’Università di Perugia e i docenti Francesco Fischetti, Mauro Letterio e Fulvio Longato hanno ragionato sulla necessità del dialogo tra culture e religioni differenti e spesso, per vari fattori, antagoniste. Più volte è stato citato il pensiero di Amartya Sen, filosofa indiana premio Nobel per l’economia nel 1998, ma soprattutto il concetto di “umanesimo integrale” Jacques Maritain: «senza le religioni saremmo infinitamente più poveri e malvagi». A partire da questa riflessione Fistetti ha analizzato il criterio di necessità della religione come elemento equilibrante della vita umana e delle relazioni tra uomini. «Nell’homo oeconomicus la libertà è intesa come non avere debiti con nessuno, introducendo il criterio razionale della giustizia di mercato, che diventa anche giustizia politica».

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Diritto internazionale e Magistero universale. Mauro Letterio ha esordito citando Papa Francesco e la sua visione di «uomo come essere relazionale», in continuità con l’articolo 1 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Fulvio Longato ha sostenuto che «l’unità strutturale è basata su dignità, libertà, uguaglianza e fraternità, e l’implementazione dei diritti ed è strettamente legata alla crescita dei doveri».

Partecipazione digitale
Grazie alla diretta video in streaming è stato possibile assistere ai lavori anche a distanza. Moltissimi sono stati anche quanti hanno commentato e rilanciato i contenuti delle relazioni via Twitter tramite l’hashtag #Firenze2015Lab. I tweet sono apparsi anche sullo schermo in sala durante i contributi dei relatori, dando l’idea di un’ampia partecipazione e interazione anche al di fuori delle mura dell’auditorium.

[Foto Siciliani]

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