“Bisogna annunciare una novità, altrimenti non annunciamo nulla”. È quanto ha detto Vincenzo Morgante, direttore della Testata giornalistica regionale della Rai, intervenendo nel dialogo “Come la penso io sulle 5 vie” al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze. “Puntare alla verità è un obbligo professionale, deontologico per un giornalista quale io sono”, ha detto il direttore della Tgr della Rai e, “quando lo faccio come cristiano, rispondo ad una vocazione”. Padre di 6 figli, Morgante ha affermato che da adulti e da genitori “dobbiamo sforzarci di entrare negli ambienti dei giovani e abitare i loro spazi”. Richiamando le parole del Papa pronunciate questa mattina in Santa Maria del Fiore, Morgante ha aggiunto che è bello fare il lavoro di giornalista “se lo si fa con umiltà, disinteresse e gaudio”. Per Morgante “la Chiesa è fatta soprattutto di luce – e di qualche ombra – e noi da giornalisti abbiamo il dovere di raccontarla questa luce”. Autore dell’ultima intervista a don Pino Puglisi, Morgante nel ricordare quell’episodio ha rivelato che “quella di don Puglisi è stata una lezione, perché con la sua umiltà cercava nei riflettori un sostegno. E in tanti a Palermo non l’abbiamo capito”.
“Abitare non è un verbo astratto, ma è una condizione di vita. Avere una casa oggi, per esempio a Milano dove vivo, non è facile”. È partita da qui Valentina Soncini, docente di storia e filosofia nella scuola secondaria superiore e di teologia fondamentale presso il Pime di Monza, per parlare della via dell’abitare al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze. “Oggi i giovani cercano forme comunitarie dove poter condividere, accogliere, incontrare”, ha aggiunto Soncini per la quale così facendo si “rende le mura delle case più permeabili e meno spesse”. Relativamente alla difficoltà abitativa che diventa sempre più un problema per le nuove generazioni, Soncini ha affermato che “la Chiesa può aiutare in questo senso con il suo patrimonio, ma tutta la comunità cristiana deve sentirsi chiamata in causa”. Gli esempi sono “Casa Zaccheo” o “Casa Loreto” a Milano, posti che grazie a molteplici contributi sono stati trasformati e sono tornati a vivere. Un’ultima riflessione, Soncini l’ha voluta dedicare al “tema dell’abitare un corpo: dobbiamo stare dentro questa sfida – ha concluso – è una richiesta che ci fanno le giovani generazioni. E per noi adulti è una grossa sfida”.
“Per educare bisogna essere educati”. Per questo “sono necessari almeno 20 minuti di preghiera al giorno”, ha detto Alessandro D’Avenia, docente nelle scuole superiori secondarie e scrittore, richiamando Santa Teresa nel suo intervento sulla via dell’educare al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze. “Dio è entusiasmante perché non smette di entusiasmare”, ha aggiunto D’Avenia che ha anche richiamato “il primo sguardo di mio padre e mia madre che si vedono per la prima volta: in quello sguardo c’è potenzialmente un Big Bang. Risuona lì l’amore di Dio”. “L’arte di educare – ha affermato – è l’arte di fare esperienza della vita, perché non ci sono soluzioni preconfezionate”. Ma “diamo il tempo all’eternità di educarci?”, si è chiesto D’Avenia. Perché “se non facciamo questo, trasferiamo solo il soffio corto delle nostre esperienze e delle nostre ferite”. Di fronte all’inadeguatezza che colpisce educatori e genitori, D’Avenia ha detto che è ora di smettere di chiedersi: “Di chi è la colpa?”. “Basta con questi sensi di colpa”, ha affermato lo scrittore, per il quale “ci vuole invece senso di responsabilità”. “I ragazzi – ha concluso D’Avenia – scrivono che sono alla ricerca della cosa per cui vale la pena morire, perché solo individuando quella si capisce il motivo per cui vale la pena di vivere la vita”.
“La bellezza di un volto sono gli sguardi che ha ricevuto. Questo è trasfigurare”. Lo ha affermato padre, cappellano all’Università Roma Uno Sapienza e docente di Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana, intervenendo al dialogo “Come la penso io sulle 5 vie” al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze. Padre Hernandez ha anche richiamato l’esperienza che vive tutte le volte che accompagna dei pellegrini nel Cammino di Santiago de Compostela: “Arrivando davanti alla basilica ci si ferma davanti al portico della Gloria, che dà il benvenuto al pellegrino: i 24 vegliardi dell’Apocalisse esprimono la metafora della musica come tempo che passa, cioè il tempo lo devi ascoltare come ascolti la musica”. A tutti i pellegrini, ha aggiunto padre Hernandez, “dico: prima di entrare nella gloria ricorda il tuo pellegrinaggio, emblema di quello della vita”. “Quando fai questo – ha concluso – hai visto la tua vita trasfigurata”.
Fonte: SIR – Servizio Informazione Religiosa (10 novembre 2015)