rassegna stampa

Firenze 2015: le sintesi dei laboratori delle 5 vie

di M. Michela Nicolais

Boselli (trasfigurare), Parola di Dio, liturgie ospitali, carità

Parola di Dio, liturgia, carità. Si giocano su questo trinomio le linee di azione indicate al Convegno ecclesiale nazionale dal gruppo di lavoro sull’ultima via, “trasfigurare”. Ad illustrarle è oggi, giornata conclusiva, fr. Goffredo Boselli, liturgista e monaco di Bose. Occorre rilanciare la lectio divina, rinnovare la liturgia “come evento di trasfigurazione”, esercitare “una carità capace di accogliere e coinvolgere tutti con umiltà”. Tre le consegne. Anzitutto “riaffermare il posto centrale che occupano la liturgia, la preghiera e i sacramenti nella vita ordinaria delle comunità”. La proposta è che ogni comunità, e ogni famiglia, “sappia trovare tempi e modi per sospendere ogni sua attività e sostare in preghiera comune”. Chiesa in preghiera e Chiesa in uscita non sono contrapposte: “Non ci sono due Chiese, perché uno è il Cristo vivente” e “la preghiera è il primo atto di una Chiesa in uscita, come la preghiera di Gesù nel luogo deserto è il primo atto della sua missione a Cafarnao”. La Chiesa “che celebra è la stessa che va verso le periferie esistenziali”. Il battesimo per i figli e la loro iniziazione, la richiesta del matrimonio cristiano, l’esperienza del male e della colpa, la malattia e la morte, sono periferie esistenziali “verso le quali la Chiesa è impegnata a uscire”. I sacramenti della Chiesa “sono un cammino di umanizzazione evangelica”, per questo il compito “che ci attende è far vivere l’umanità della liturgia”. Le liturgie di domani, ha concluso, “per essere cammini di prossimità, di misericordia, di tenerezza e di speranza saranno chiamate a diventare spazi di santità ospitale”.

Suor Del Core (educare), “non siamo all’anno zero”

“Come Chiesa italiana non siamo all’anno zero, perché c’è in atto nel nostro Paese un’esperienza viva, testimoniata da innumerevoli tentativi creativi e in alcuni casi sorprendenti negli esiti”. Lo ha detto suor Pina Del Core, preside della Pontificia Facoltà di scienze dell’educazione Auxilium, sintetizzando la via dell’“educare”. Non si tratta tanto di “strutture”, ha proseguito la religiosa, o di “programmazioni educative ben strutturate, pur necessarie”: si deve puntare alla testimonianza, promuovendo e rafforzando “le varie forme di alleanza educativa e di implementare nuove sinergie tra i diversi soggetti che interagiscono nell’educazione”. Di qui la necessità di “fare rete”, accompagnando innanzitutto le famiglie e prestando una nuova attenzione alla scuola e all’università, oltre che agli ambienti digitali. Tra le scelte d’impegno: “Favorire le reti educative anche stipulando dei patti di corresponsabilità che coinvolgano tutta la comunità educante compresa la società civile; favorire il discernimento e la cura di coloro che la comunità ha individuato come educatori e formatori”. Riguardo alle famiglie in difficoltà, la proposta è “costituire équipe per affiancare le famiglie nelle situazioni educative difficili e implementare proposte di volontariato in favore delle famiglie con anziani e disabili”.

Fabris (abitare), stile sinodale, spazio ai laici, partecipazione politica

“Ciò che emerso da tutti i gruppi è una continuazione e un rilancio dello stile sinodale”. Lo ha detto oggi Adriano Fabris, docente di filosofia morale presso l’Università di Pisa, presentando le proposte del gruppo di lavoro dei delegati del 5° Convegno ecclesiale nazionale di Firenze sul tema “abitare”, terza delle cinque “vie”. “Si abitano anzitutto relazioni”, ha osservato precisando che “in tutto questo non si parte da zero”. Cinque i verbi-chiave: ascoltare, lasciare spazio, accogliere, accompagnare e fare alleanza. Lasciare spazio, in particolare, “è sottolineato dai giovani che “fanno i conti” con “l’ingiustizia” commessa nei loro confronti dagli anziani. A proposito di “accompagnare e fare alleanza”, è stata proposta una “pastorale del condominio”. Poi, la necessità di “vivere la realtà della parrocchia in maniera adeguata alle sfide del nostro tempo” lasciando più spazio “ai carismi dei laici”. L’ulteriore impegno è “ripensare l’impegno a favore della propria comunità. Si tratta di ripensare la politica, e di farlo in una chiave che sia davvero comunitaria”. Non bisogna “semplicemente delegare, e poi disinteressarsi di ciò che viene deciso in nostro nome. Bisogna accompagnare i decisori, che sono i nostri rappresentanti; non bisogna lasciarli soli”. Martedì a Firenze il Papa ha chiesto di rileggere e applicare l’Evangelii Gaudium: Fabris conclude il suo intervento con tre “sogni” tratti dal documento: “Una Chiesa beata sul passo degli ultimi”, “capace di disinteressato interesse”, “capace di abitare in umiltà”.

Marcacci (annunciare), “creare relazioni” e “accompagnare”

“È forte in tutti i gruppi di lavoro la volontà di creare relazioni, prendersi cura e accompagnare”. Lo ha detto Flavia Marcacci, docente di storia del pensiero scientifico presso la Pontificia Università Lateranense, sintetizzando la via dell’“annunciare”. “Questa volontà – ha proseguito sintetizzando le proposte dei 500 partecipanti – è un desiderio che nasce dal vivere prima di tutto la bellezza della relazione personale con Gesù, che va curata e custodita nella propria interiorità e nelle comunità. Per donare Gesù agli altri è essenziale creare percorsi di accompagnamento concreto e personalizzato. Ogni persona è degna della nostra attenzione che diventa ascolto delle esperienze concrete”. Tra le difficoltà emerse nei “tavoli”, l’autoreferenzialità, il devozionismo, il clericalismo. Tra le proposte, “passare da una attenzione esclusiva verso chi viene evangelizzato a una specifica attenzione a chi evangelizza”, dare più attenzione alla formazione – “non solo l’iniziazione cristiana e l’educazione dei bambini e dei ragazzi, ma la stessa formazione degli operatori” – rinnovare gli itinerari catechistici, affrontare “la questione dei linguaggi”, perché siano “chiari e diretti, semplici e profondi, capaci di portare a tutti la Parola”.

Don Albarello (uscire), processo sinodale, testimonianza, coraggio di sperimentare

Avviare un processo sinodale, formare all’audacia della testimonianza, promuovere il coraggio di sperimentare. Questi i tre impegni emersi dai lavori nel gruppo dei delegati del 5° Convegno ecclesiale nazionale di Firenze sul tema “uscire”, la prima delle cinque “vie” indicate nella Traccia, “sogno” di Papa Francesco “per gli uomini e le donne che testimoniano Cristo oggi in Italia”. A presentarli è questa mattina, giornata conclusiva dell’incontro, don Duilio Albarello, docente di teologia fondamentale presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale. “L’esperienza e lo stile che abbiamo vissuto – ha detto – destano un desiderio di modalità di vita ecclesiale”. “Incamminarsi in un percorso sinodale è la strada maestra per crescere nell’identità di Chiesa in uscita”. Per don Albarello, occorre inoltre “formare all’audacia della testimonianza” avviando “processi che abilitino i battezzati a essere evangelizzatori attenti, capaci di coltivare le domande che provengono dall’esperienza di fede e di andare incontro a tutte le persone animate da una autentica ricerca di senso e di giustizia”. L’annuncio del Vangelo “non deve essere offerto come una summa dottrinale o come un manuale di morale, ma anzitutto come una testimonianza sulla persona di Cristo, attraverso un volto amichevole di Chiesa tra le case, nella città”. Infine, “promuovere il coraggio di sperimentare” è l’indicazione formulata dalla tavola dei giovani, che propongono ad ogni comunità cristiana di “costituire un piccolo drappello di esploratori del territorio” che “si impegnino ad incontrare le persone, soprattutto nelle periferie esistenziali”.

Fonte: SIR – Servizio Informazione Religiosa (13 novembre 2015)

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