rassegna stampa

I giovani: pronti a giocare in attacco

di Matteo Liut

Nella lettera inviata a tutti i partecipanti all’assise, la richiesta di essere messi alla prova: sentiamo di «dover essere i primi a uscire sulle strade del mondo» vedendo «in ogni volto e in ogni storia una nuova possibilità» Don Falabretti: agli adulti chiedono relazioni autentiche

La chiamata a costruire una Chiesa in uscita ha nei giovani i primi interpreti, pronti come sono a «fare da spola» per raggiungere anche i più lontani. «D’altra parte – nota don Michele Falabretti, responsabile del servizio nazionale per la pastorale giovanile – nel telaio serve proprio la spola per fare un tessuto».

Dal Convegno ecclesiale di Firenze arriva un messaggio chiaro da parte delle giovani generazioni, che nei gruppi di lavoro hanno avuto un ruolo importante. Un messaggio che ha trovato piena accoglienza anche nelle relazioni finali sulle cinque vie: significativa la sintesi sull’«uscire», che riporta l’appello dei giovani a «fare un falò dei nostri divani» per non rimanere ancorati alle abitudini. E anche il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, nelle prospettive offerte al termine del Convegno ha voluto in qualche modo accogliere le istanze presentate dai giovani del Convegno di Firenze (un tavolo per ogni via era composto solo da loro) e contenute nella lettera inviata a tutti i delegati. «Desideriamo rinnovare la nostra disponibilità a immergerci in un cammino ecclesiale che ci precede e ci supera e che accoglie con materna sollecitudine le nostre inquietudini e fragilità – scrivono i giovani –. Troppo spesso ci sentiamo dire ‘di voi non c’è bisogno’, da un mondo – e a volte anche da una Chiesa – che preferisce costruire il futuro nelle alchimie strategiche, anziché nella carne che ha generato. Non intendiamo cedere alle litanie del lamento, né rifugiarci nell’alibi della precarietà. Siamo invece qui, oggi, per rinnovare con umiltà e fierezza la nostra disponibilità a scendere dalle gradinate dello stadio e giocare la partita in attacco. Vi chiediamo di metterci alla prova, anche se potremmo sbagliare e incassare qualche sconfitta». I giovani, continua la lettera, sentono «di dover essere i primi a uscire sulle strade del mondo, nella curiosa esplorazione di chi sa di aver tutto da scoprire e vede in ogni volto e in ogni storia una nuova possibilità. Anche perché tanti nostri coetanei – aggiungono – sono già usciti fuori, delusi da una società che non li valorizza e talvolta da una comunità cristiana che non è riuscita a coinvolgerli. Essi attendono che noi li raggiungiamo dove sono, non per accodarci al loro vagabondaggio, ma per portare l’annuncio che il futuro dell’umanità è l’incontro con Gesù che ci ascolta e cammina con noi». C’è voglia anche di «abitare la precarietà dell’esistenza di tanti uomini e donne del nostro tempo, accostandoci alle loro ferite, nella coscienza che la medesima fragilità ci abita, convinti che potremo rendere le nostre vite un capolavoro solo accettandone la provvisorietà e il limite. Continuamente educati dal Maestro – aggiungono i giovani –, vogliamo farci educatori dei piccoli, nell’ascolto profondo dei loro cuori e nello stupore dell’incontro con i loro volti. Vogliamo trasfigurare questo tempo di inquietudine e smarrimento, con la profezia che sgorga dalla Parola, docili alla creatività dello Spirito che parla ai nostri cuori».

E una volta «tornati nelle nostre case e nelle nostre comunità – conclude la lettera –, vorremmo sentire la stessa fiducia e quel supplemento di simpatia che ci ha riscaldato in questi giorni e che ci sospinge all’umile, disinteressata e gioiosa, audacia del Vangelo».

Ma il contributo al Convegno dei giovani è arrivato anche dall’esterno grazie alle risonanze inviate via web dai gruppi di tutta Italia: le riflessioni, infatti, sono arrivate, ad esempio, da Patti, Vercelli, Milano, Torino, Camerino, Chiavari, Cremona, Firenze, Trani, Bergamo, Ascoli.

Insomma i giovani sono pronti, conclude Falabretti, «ma agli adulti chiedono relazioni autentiche, chiedono che si voglia loro bene».

da Avvenire, 14 novembre 2015

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