umanesimo digitale

Il miele dalla roccia

di Luca Refatti

Sono tornato da Nairobi con la pelle che profumava di sudore e di argilla e con un groviglio di emozioni che mi ballonzolavano in gola e non ne volevano sapere di lasciarsi deglutire. Allora ho cominciato a tirarle fuori raccontando tutte le mie avventure di giovane in servizio civile e i volti, le storie, i pensieri, che avevo vissuto in quei nove mesi africani. Undici anni fa così nasceva un blog, che mi accompagna ancora con il titolo Il miele dalla roccia.

Il blog ha cambiato più volte nome, veste grafica e contenuti. I lettori sono rimasti gli stessi, cioè pochi. Ha seguito le mie migrazioni, le mie esperienze di lavoro e lo studio, la mia vita di fede. Ma il mio diario digitale è rimasto una forma di autoterapia, un promemoria delle riflessioni che mi fanno sembrare intelligente, un quaderno per i giochi di parole. Condivido quello che scrivo con chi capita per un pizzico di vanità e spudoratezza, controllo – lo confesso – il contatore delle visite spesso, ma scrivo innanzitutto per me e non per il prossimo.

Questo potrebbe essere un problema, soprattutto da quando, quattro anni fa, sono diventato un frate dell’Ordine dei Predicatori (noti ai più come domenicani). Un buon predicatore dovrebbe pensare sempre a chi si rivolge e adattare il discorso al suo pubblico. Io, invece, lascio che “il pubblico” si adatti a quello che scrivo. Un buon predicatore predica in mille modi diversi una cosa sola: Cristo morto e risorto. Io, invece, racconto di me. Navigando per la blogosfera italiana mi sono reso conto che nessuno tratta di teologia, in maniera informata e competente, sensibile all’attualità e divulgativa. Sarebbe un compito da domenicani, i quali hanno una certa (famigerata) esperienza al proposito. Epperò sono troppo pigro e troppo impreparato per cimentarmi personalmente nell’impresa. Insomma, mentre io sono diventato un frate predicatore, il mio blog no. Così, casualmente o forse provvidenzialmente, ha conservato il suo valore di testimonianza, autentica per quanto possibile, poco filtrata, erratica e quasi impudica.

Le tracce lasciate sul blog, come le briciole di Pollicino, ripercorse all’indietro fanno emergere il racconto di una vocazione, che non è stato narrato come tale. È pieno di pause, parentesi, di cose che in apparenza non c’entrano, oppure che c’entrano poco o proprio per nulla. È un racconto la cui coerenza non è stata pensata da me e che io scopro solo dopo averlo scritto (non basta averlo vissuto, bisogna ripensarlo e scriverlo per apprezzarne la coerenza e lasciarsene gioiosamente meravigliare). Dio è nascosto dietro i pixel, come un coautore nascosto, misterioso e, a leggere certi fatti, dotato di una certa ironia. Bisogna andarLo a cercare nel non detto, nei desideri che mi hanno mosso i piedi e le mani, e nella sollecita provvidenza che ordina tutto a un finale ancora da svelare (a una prima lettura non si direbbe, ma c’è della suspence persino nel mio blog), quando quel groviglio in gola non avrà più spago da sfilare.


Luca Refatti (Bolzano 1979) è un frate domenicano. Studia teologia a Bologna.
» Facebook: luca.refatti
» Blog: refatti.blogspot.com

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