contributi

Il personalismo Paul Ricoeur

dal Centro Ricerche Personaliste di Teramo

Il 22 maggio 2015 alle ore 16,30 nella Sala del Vescovado in P.za Martiri, a Teramo, dopo la presentazione da parte del vescovo Michele Seccia dell’importanza di questi momenti formativi per gli operatori che in Diocesi fanno attività educativa,da amico personale di Paul Ricoeur ha sottolineato momenti e insegnamenti che ne motivavano la scelta fatta insieme all’Ufficio diocesano della cultura e all’ Ufficio per la comunicazione sociale. In sintonia con la Traccia per Firenze: “Partire dalle testimonianze che sono esperienza vissuta della fede cristiana e che si sono tradotte in spazi di ‘vita buona del Vangelo’ per la società intera”.

Attilio Danese e Giulia Paola Di Nicola hanno illustrato ai presenti alcune note biografiche di Ricoeur e i legami col territorio teramano ed ecclesiale in generale ( amico personale di Giovanni Paolo II), Questa figura del filosofo francese morto appena 10 anni or sono, che ha scelto di rimanere “vivo fino alla morte”, ancora oggi è pronto ad aiutare i cristiani della diocesi per la preparazione al Convegno Nazionale di Firenze 2015 fornendo ai relatori motivi per rileggere il suo ‘umanesimo di ispirazione cristiana’ pensato e vissuto come proposta di valori etici validi anche per i non credenti.

Giovanni Giorgio, docente all’Università lateranense, autore di un testo su Ricoeur, ha parlato del realismo della antropologia del filosofo che parte dal testo e legge le diverse tracce umane nel contesto di una comunità non autocentrata su se stessa. “Conosci te stesso” è l’antico ammonimento dell’oracolo di Delfi. Ma come fare a conoscere se stessi? Chi sono io? Questa è la domanda che è possibile porsi se, di fronte al puro fatto di esistere, si cerca di dare un volto al ‘chi’ che ciascuno è. Come trovare una risposta? Secondo Ricoeur ciascuno di noi non è un ‘Io’ isolato e autosufficiente, ma arriva a se stesso attraverso la mediazione che l’alterità compie. Ognuno raggiunge se stesso solo attraverso gli altri e, in particolare, attraverso le opere e i testi che gli altri ci hanno lasciato. Nelle opere e nei testi si sedimenta infatti una comprensione di sé e del mondo che ognuno può incontrare, se li interpreta criticamente. Con questo senso compreso ciascuno può così dialogare, lasciandosi interrogare da esso, per scoprirsi nella propria identità, e dare così una risposta alla domanda ‘chi sono io?’. Infatti la riflessione sull’io che in Ricoeur riparte da Cartesio prevede un io debole, malato, spezzato, frammentato, ma ancora capace di guardare il proprio simile e di averne sollecitudine.

Francesca Brezzi, già docente di Filosofia morale a Roma 3, autrice della prima monografia su Ricoeur in Italia nel 1969 e di altri libri successivi sempre su Ricoeur, ha sottolineato gli aspetti relazionali dell’umanesimo di P. Ricoeur per il quale il volto dell’altro lo interrogava sulla pari dignità che ciascuno ha di fronte sia come prossimo che come membro di una società comune, quella dei simili.

Iniziando da una serie di ricordi personali che hanno legato l’autrice con il filosofo, l’analisi si concentra, all’interno della cornice del tema più generale – l’umanesimo cristiano – sull’apporto ricoeuriano ,in particolare risalendo alla prima produzione del filosofo, al momento sorgivo delle sue meditazioni sulla persona, riflessioni che rappresentano un idem nel pensatore giungendo da Histoire et verité,(1954) libro non sufficientemente apprezzato, alla maturità paradigmaticamente espressa in Sé come un altro. In quel lontano testo il filosofo manifesta i vari aspetti della propria personalità: spirito critico, analista sottile, intellettuale, ma anche uomo impegnato, credente non settario, testimone e partecipe avvertito dei drammi del nostro tempo. F. Brezzi ritiene di poter collocare l’umanesimo di Ricoeur nell’ambito delle antropologie relazionali o dialogiche, che presentano un notevolissimo spessore etico, ricongiungibili idealmente, ma con contenuti rinnovati, all’antropologia pragmatica di Kant. Si mantiene sempre sullo sfondo il contesto delle riflessioni antropologiche o sull’umano all’interno delle filosofie della persona in senso forte, come ritroviamo in molti pensatori(quali Max Scheler p.e. ,ma altresì Buber, e Lowith) Antropologia dialogica o della reciprocità, tessera molto complessa e ricca di percorsi simmetrici, e in costante e continuo rapporto fra di loro che vede il rilevante rapporto Mounier –Ricoeur, su cui non ci si sofferma, ma anche i legami con l’umanesimo integrale di Maritain e la concezione sul naturel e surnaturel di Simon Weil.

Entrando nel merito si affrontano due temi : il rapporto io-tu- noi, tema che come noto raggiungerà poi il suo compimento teoretico in Sé come un altro, e il posto del cristiano nella storia, la sua presenza attiva, ricercando il senso della sua azione, e si sottolinea la rilevanza di tali questioni in un tempo così travagliato come il nostro, in cui da un lato si nega la dignità dell’umano, dall’altro si rifiuta un senso della storia relegandoci tutti in un indifferentismo, nel determinismo, mentre la riflessione ricoeuriana – a parere della relatrice – acquista una dimensione più propriamente etico-politica.

Per il primo argomento si esamina un testo del 1954, Le socius et le prochain, penetrando via via nel significato di prossimo a partire dalla rilettura della parabola del Buon Samaritano, prossimo che esprime la relazionalità tra persone, superando la via lunga dei rapporti attraverso le istituzioni.

Circa la seconda tematica quale il senso ultimo della storia che ha impegnato Ricoeur, pensatore inquieto fino alla grande opera La memoria, la storia e l’oblio; in questi primi saggi si interroga: quale la verità nella storia? Non solo ma aggiunge una ineliminabile dimensione esistenziale, chiedendosi quale il rapporto tra il cristianesimo e il senso della storia? La risposta completa il disegno di un umanesimo cristiano con l’apporto di categorie forse anomale – che si presentano in una feconda e rilevante tessitura – quali speranza non mai disgiunta dal mistero, che rinviano alla logica del non ancora e d’ora in poi, in cui la verità è intesa come attesa, dilazione e aggiornamento di fronte ad ogni prematura conclusione. Infine a livello etico-antropologico Ricoeur sostiene che l’azione umana è espressa nel malgrado (en dépit de) e nella sovrabbondanza o sovrappiù (combien plus). Emerge, dunque, la credenza in una storia che non è solo un flusso di avvenimenti in linea orizzontale, ma nella quale si incrocia, verticalmente un Evento, che nel disegno ricoeuriano è la ‘ricapitolazione in Cristo’.

Conclusivamente nell’umanesimo ricoeuriano – che si può esprimere anche nell’homo viator di marceliana memoria – si coglie lo spessore di un filosofia che non si chiude in se stessa o in un astratto iperuranio, ma si pone quale attività per pensare la prassi, ancora in Histoire e verité Ricoeur dichiarava: “è necessario essere intellettuali come Socrate cioè credere nell’efficacia della riflessione perché la grandezza dell’uomo è nella dialettica del lavoro e della parola; il dire e il fare, il significare e l’agire sono troppo mischiati perché un’opposizione durevole e profonda possa essere istituita tra teoria e prassi. Parola dunque che riflette efficacemente ed agisce pensosamente” (HV, p. IX).

Daniella Iannotta, già docente di semiotica e filosofia morale all’Università di Roma3,  amica personale  e traduttrice dell’opera di Ricoeur in Italia, ha puntualizzato gli elementi fondanti l’umanesimo cristiano del filosofo, quali la relazione di reciprocità e il perdono difficile in un contesto postmoderno in cui tutto è liquido e frammentato e non si dà più valore alla promessa e alla responsabilità verso le istituzioni. Filosofo rigoroso, egli non ha rifiutato la messa in discussione della tradizione riflessiva, da cui prende le mosse, per tracciare un orizzonte ermeneutico gravido di categorie in grado di condurci a “pensare altrimenti” il senso stesso del nostro essere nel mondo. Una pista molto feconda da seguire è proprio quella che, dall’analisi della reciprocità ‒ delle sue caratteristiche ‒ e delle asimmetrie che costantemente la minano nell’orizzonte dell’essere in relazione all’interno di un comune contesto di appartenenza, perviene alla possibilità del perdono ‒ quale “escatologia della condizione storica” ‒ nonostante il cammino “difficile” della sua attuazione.

In questo percorso, bisogna tener presenti le linee della “piccola etica”, che Ricoeur traccia in Sé come un altro, dove le asimmetrie della violenza, dell’ingiunzione alla responsabilità e della sofferenza, vengono ripensate alla luce del modello dell’amicizia ‒ aristotelicamente esteso dal rapporto singolare privilegiato alla relazione sociale e politica nelle istituzioni ‒ che è in grado di dare a pensare alla perfetta mutualità dei partner. Bisogna, inoltre, riprendere i “modelli di incontro con l’altro” (come si legge nel n. 1/2 di Prospettiva Persona del 1992), dove la reciprocità instaurata dal modello della traduzione e da quello dello scambio delle memorie confluiscono nel modello del perdono, di cui si analizzano caratteristiche e difficoltà; per confluire nelle ardue ma feconde analisi de La memoria, la storia, l’oblio, in cui il felice lavoro della memoria e dell’oblio può rimediare ai debiti insoluti della storia nei confronti delle vittime e dei “dimenticati”.

La cellula melodica del cammino sta nella ripresa del “comandamento impossibile dell’amore ai nemici”, che fa del perdono un dono, in grado di modificare l’affinché, ancora possibile con la Regola d’Oro, in un poiché. Poiché mi è stato dato ‒ di vivere di agire di amare ‒ io dò a mia volta nel più totale abbandono alla “memoria di Dio”.

Per il decennale della scomparsa del grande filosofo Paul Ricoeur, la manifestazione teramana, unica nel suo genere, nonostante l’importanza che riveste questo pensatore per la riflessione ecclesiale attuale ha fornito nella evidenza dell’umanesimo cristiano la risposta più adeguata ai bisogni dell’uomo di oggi.

Per questa iniziativa è pervenuto un messaggio di Catherine Goldenstein, Presidente del “fondo Paul Ricoeur” da Parigi, che si è congratulata per l’iniziativa con una personale testimonianza.

 

 

 

 

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