#FIRENZE2015lab, rassegna stampa

La sfida di comunicare

di Mimmo Muolo

Esperti a confronto al Laboratorio di Napoli
Il laboratorio verso il Convegno ecclesiale. Sepe: seguire la logica dell’Incarnazione. Raspanti: servono esperienze di omomanità riuscita. Tarquinio: ridare affidabilità all’informazione. Ruffini: la persona al centro. Morgante: dietro ai numeri dei migranti c’è il sangue di donne, uomini e bambini

Queste chiavi sono più che mai importanti per decifrare il mondo dell’informazione. Specie di fronte a quello che Marco Tarquinio definisce il «divorzio progressivo tra coloro che vogliono essere informati e coloro che informano». Il direttore di Avvenire – intervenuto alla tavola rotonda su “Comunicazione, annuncio e dialogo di umanità” (moderata dalla massmediologa dell’Università Cattolica, Chiara Giaccardi) – passa in rassegna le derive potenzialmente disumanizzanti del giornalismo odierno. In particolare la mancanza di amore e di cura che, insieme con «pressappochismo, sensazionalismo e inscatolamento delle persone in categorie» finisce per «far strage di umanità». Ecco perché nel cantiere del nuovo umanesimo «occorre ridare affidabilità all’informazione». In sostanza «rimettere l’informazione ad altezza d’uomo. Perché se ad esempio guardiamo il processo migratorio dall’alto delle nostre torri, vediamo il fenomeno. Se lo guardiamo ad altezza d’uomo, vediamo le persone». Anche per Paolo Ruffini, direttore di Tv2000 «la comunicazione serve a unire ». «Invece spesso – fa notare – è usata per dividere». Ma per superare le insidie, «dobbiamo accettare la sfida della forma. Magari pensiamo che la forza del contenuto basti. E invece non è così. Paolo VI diceva: “A che cosa serve dire cose bellissime se poi gli uomini di oggi non ci capiscono?”». Dunque contano gli ascolti: «Mai pensare che la televisione fatta bene sia la televisione che non fa ascolti». Conta l’innovazione. Conta soprattutto, sottolinea Ruffini, «la centralità della persona senza nostalgie per il passato». Questo perché «comunicare oggi è condividere».La centralità della persona è al cuore anche dell’intervento di Vincenzo Morgante, direttore della Testata giornalistica regionale della Rai. «Ai miei giornalisti dico sempre: maneggiamo materiale ‘esplosivo’. Maneggiamo le persone. E quando abbiamo diffamato, offeso, detto cose false, non ci sarà nessuna smentita o diritto all’oblio in grado di rimettere le cose a posto. Quindi, bando agli approcci meramente ragionieristici: dietro ai numeri dei migranti c’è il sangue di donne uomini e bambini, c’è il dolore dei parenti, i grandi sentimenti da non dimenticare». In sostanza serve la formazione dei giornalisti, oltre al «recupero di arti antiche come la filologia» (Rossana Valenti, Università ‘Federico II’ di Napoli). Perché in fondo, conclude il sociologo Giacomo Di Gennaro, «comunicare è farsi prossimo. Costruire una casa comune».

da Avvenire, 14 giugno 2015

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