rassegna stampa

La strada da seguire? La fede del cristiano vissuta nella modernità

di Gianni Cardinale

«Non so se è un azzardo parlare oggi di nuovo umanesimo; se è un azzardo, però, io voglio azzardare e la vostra presenza mi dice che siamo in tanti a volerci scommettere, conoscendone bene le difficoltà e le insidie ». È questa l’esortazione lanciata dal vescovo Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, inaugurando ieri a Roma l’incontro di studio organizzato dalla Rivista Il Regno, dal Gruppo Abele, dall’Azione Cattolica, dalla Caritas Italiana, dal Coordinamento delle Comunità d’Accoglienza (Cnca), dalle Reti della Carità e dal Movimento dei Focolari, in vista del ‘V Convegno nazionale della Chiesa italiana’ che si terrà a Firenze, dal 9 al 13 novembre 2015, e che ha come tema ‘In Gesù Cristo, il nuovo umanesimo’.

Il presule ha così risposto all’obiezione che vede nel parlare di «nuovo umanesimo» proprio «un azzardo, con il rischio fondato che il Convegno ecclesiale servirà a poco». Galantino ha sottolineato che Firenze sarà, sì, «un convegno ecclesiale», ma sarà «aperto». Infatti «non è già stato scritto il documento finale». E non si tratterà di «un appuntamento calato dall’alto, con interventi pensosi e analisi sociologiche», ma di «un incontro con testimonianze e racconti dal basso». E in questo senso il fatto che papa Francesco «prima di arrivare al Convegno ecclesiale faccia tappa a Prato non è un indizio secondario», ma «è semmai la chiave interpretativa giusta». E non è un caso che «sia l’Invito che la Traccia del Convegno rechino impressa » una «medesima caratteristica», e cioè che «la strada da seguire non è quella di disegnare in astratto i termini e i confini di un nuovo umanesimo, ma chiede di partire da testimonianze che sono esperienza vissuta della fede cristiana e che si sono tradotte in spazi di vita buona del Vangelo per l’intera società».

In questa prospettiva Firenze inoltre sarà «l’occasione per trovare la quadra dei due tornanti del postconcilio in Italia: pastorale e cultura, in un dialogo che non significhi subalternità con il mondo in cui viviamo ma un camminare dentro la modernità». Firenze quindi, ha osservato Galantino, «non può essere un momento autoreferenziale, ma un’occasione per uscire incontro all’umanità di oggi che ha bisogno di ritrovare l’amicizia con Gesù Cristo e una comunità di fede accogliente, un orizzonte di senso e di vita in un mondo sempre più piatto ed asfittico». «L’individualismo e un certo pensiero libertario che dagli anni Settanta in poi ha disegnato l’uomo come artefice di se stesso, guidato solo dalle proprie scelte e dai propri desideri », mostra infatti «la corda» e chiede «di essere convertito in una prospettiva più umana dove ritessere i rapporti tra le generazioni e tornare a prendersi cura di ognuno». Il segretario generale della Cei ha messo in guardia dal fatto che «dentro e fuori la Chiesa rischiamo una sorta di convegnite». «Per questo – ha aggiunto – vogliamo evitare i professionisti dei convegni come delegati dalle chiese locali. Anche qui occorre una conversione pastorale, come dice papa Francesco».

Dopo l’introduzione di Galantino ha preso la parola don Luigi Ciotti. Nel suo appassionato intervento il fondatore del Gruppo Abele ha ricordato che «il Vangelo oggi parla in tante realtà e parla anche in modo netto nella voce più alta della Chiesa». «Credo che i segni impressi da papa Francesco – ha sottolineato – siano una radicale conversione, un ritorno al Vangelo, alla sua intransigenza etica, al suo intrinseco significato politico». «Oggi vedo nel Papa – ha aggiunto – colui che può promuovere la più urgente delle riforme, quella delle coscienze». Perché «se oggi il male è ancora così forte e diffuso è anche perché le ingiustizie si sono alleate con le nostre omissioni». E «allora serve il risveglio delle nostre coscienze».

da Avvenire, 16 maggio 2015

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