contributi

L’umanesimo creaturale delle religioni

di Giovanni Bellia

Le riflessioni che qui propongo intendono mettere in luce ciò che di autenticamente umano c’è nel modo di concepire l’umanità rinnovata in Cristo, rispetto all’umanità creaturale condivisa da tutte le religioni e non soltanto, da quelle dette monoteiste. Già la tradizione biblica d’Israele si distanzia da una concezione demiurgica e apre al confronto con quelli che in Gaudium et spes 22 sono chiamati «uomini di buona volontà». Nello stesso tempo, in queste pagine, si vorrebbe dare un contributo alla riflessione che le Chiese d’Italia stanno compiendo in vista del V Convegno ecclesiale nazionale che si terrà in novembre a Firenze.

Si può iniziare da una credenza religiosa condivisa da tutte le religioni, istituzionalizzate e no. Che Dio esista e che l’uomo sia sua creatura, anche in tutti gli scritti neotestamentari è un dato inoppugnabile e quasi pre-teologico. Seguendo fedelmente l’impostazione teistica veterotestamentaria, anche nel Nuovo Testamento, la convinzione di un Dio creatore riguardo all’uomo si dà come una credenza primaria certa e costante che s’impone per la sua scontata naturalezza e per la sua condivisa ovvietà. Nelle Scritture è il necessario presupposto religioso di ogni concezione biblica riguardo all’essere del mondo come di ogni sensata riflessione antropologica; è la convinzione religiosa incontrovertibile e sempre implicita che non ha alternativa, al punto da essere espressa con formule dal valore assiomatico che non richiedono mai alcuna dimostrazione o argomentazione.


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Contributo apparso sul numero 192 (maggio-giugno 2015) della rivista Il diaconato in Italia, pp. 9-14.

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