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L’umano è il luogo della trasfigurazione

dalla Diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo

Sintesi diocesana delle relazioni delle otto zone pastorali

La necessità più urgente è quella di  conoscere più sistematicamente la realtà che ci circonda. C’è il bisogno di crescere nella partecipazione alla vita pubblica della città per far conoscere anche alle autorità civili competenti  le necessità di chi non ha voce. Ma ci sono anche tanti segni di vita buona. Come non vedere all’opera la grazia di Dio in tante famiglie che, pur nelle difficoltà, fanno fronte con dignità alle malattie, alle disabilità, e ai problemi di lavoro, con la forza della fede senza mai rassegnarsi ma sperando nel Signore che dona loro tanta voglia di vivere una vita buona.

L’esperienza del trasfigurare tocca tre aspetti: fede – celebrazione – vita. La Parola ascoltata e meditata, l’Eucarestia celebrata e adorata, la carità che riconosce nell’altro il volto di Cristo, fa di ogni gruppo una comunità cristiana. Questa è la missione della Chiesa, da sempre, per sempre!

Spesso la nostra fede non tocca la nostra esistenza, siamo bravi cristiani nella chiesa ma, fuori da essa, non riusciamo a compiere quel passaggio che porta alla testimonianza. Viviamo la fede in modo individualistico, quasi privato, e spesso non riusciamo a motivarla in quanto non è una “fede vissuta” perchè guarda a Gesù ma non guarda con gli occhi di Gesù. Occorrono momenti di “contemplazione”, di contatto, personale e comunitario, che non scadano però nel devozionismo, nella ripetizione di formule e preghiere cantilenanti. In questo caso, tali forme sembrano piuttosto un dovere da compiere, con la bocca più che con il cuore, senza nulla togliere al fatto che mantengono intatto il valore della fede autentica. Quello che più serve è fare esperienza profonda di Dio e del suo Amore, perché si possa poi “scendere dal monte”, cosa assolutamente necessaria, “uscire” dal confortevole rifugio dell’edificio sacro e della rassicurante comunità di appartenenza, agire nella società da cristiani, con amore, con coerenza di vita ed anche con preparazione specifica nei vari settori per ridiventare punti di riferimento in un tessuto sociale sempre più sfilacciato; solo così si può “trasfigurare” la vita: “In questo giorno, sul Tabor, il Cristo trasformò la natura oscurata di Adamo. Avendola illuminata, la divinizzò” (Esperinòs).

L’umano è il luogo della trasfigurazione e della resurrezione perché Dio è in ognuno di noi e dobbiamo servirlo nell’umiltà dei piccoli gesti, nel conforto e nell’assistenza degli “ultimi”, nell’abbandono dei beni materiali, nell’esempio di una vita luminosa, non offuscata dalle tenebre del maligno.

Per il cristiano trasfigurare è trasformare, anzi lasciarsi trasformare in un Uomo nuovo. Trasfigurare è dare alle nostre parole e alle nostre opere un valore nuovo, perché siano capaci di testimoniare la gioia della nostra appartenenza a Cristo. Nessuno può chiamarsi fuori da questa missione, tutti abbiamo bisogno di convertirci e ri-convertirci ogni giorno, soprattutto oggi, in cui l’identità cristiana rischia l’insignificanza nella società e deve invece riprendere ad essere lievito e sale.

La celebrazione domenicale è il dono del Signore che alimenta il nostro cammino nella vita e nella sequela. L’Eucarestia è il cuore della fede di ogni giorno; il cuore della comunità. Questa è la consapevolezza che ogni cristiano deve acquisire. La via del trasfigurare porta con sé la questione del senso della festa e della domenica, quali spazi di vera umanità, nei quali la persona ritrova se stessa e scopre anche rapporti familiari e sociali nuovi. Dobbiamo rendere le nostre liturgie capaci di esprimersi e di parlare dentro la cultura di oggi, renderle capaci di un vero progetto di rinnovamento attraverso uomini e donne trasfigurati realmente da Cristo e capaci di mettere in atto il progetto d’amore di Dio.

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