rassegna stampa

Malati, detenuti, poveri… Abbraccio e “sorprese” nella culla dell’umanesimo

di Mimmo Muolo

Ben due incontri con chi soffre. La curiosità dei turisti. La musica del gesuita del Settecento Zipoli. E lo striscione al Comunale: «Francesco, fai gol nei nostri cuori»

Probabilmente lo ha visto anche lui lo striscione esposto allo stadio “Franchi”: «Francesco, fai gol nei nostri cuori». E forse non c’era neanche bisogno di chiederglielo. È una delle cose che gli riesce meglio, come Prato e Firenze hanno potuto constatare ieri, de visu. Il Papa ha fatto gol nei cuori dei pratesi e dei fiorentini, dei partecipanti al V Convegno ecclesiale nazionale e pure dei turisti che non si sono lasciati sfuggire l’occasione di vederlo da vicino. Gesti semplici ma forti allo stesso tempo. A cominciare dai due incontri con gli ammalati, il primo all’arrivo a Prato, in Cattedrale. Il secondo nella basilica della Santissima Annunziata a Firenze, subito dopo il di- scorso nel Duomo. In entrambe le occasioni papa Bergoglio ha accarezzato volti e stretto mani. Ha detto parole di conforto e chiesto di pregare per lui, suscitando affetto e commozione. Nella chiesa fiorentina ha anche incontrato, tra gli ammalati, il maresciallo dei carabinieri Giuseppe Giangrande che il 21 aprile 2013 fu ferito mentre si trovava in servizio davanti a Palazzo Chigi. «Grazie», gli ha detto il Pontefice, come ha riferito poi la figlia Martina. «Anche per quanto fanno le forze dell’ordine ». Gesti semplici, si diceva. Avvicinarsi alle transenne rompendo il protocollo, baciare i bambini. Abbracciare come un papà coloro che gli raccontano la loro storia, come è accaduto in Duomo, con i tre testimoni prima del suo discorso. O anche semplicemente citare don Camillo di Guareschi, esempio di sacerdote vicino ai suoi parrocchiani, suscitando un prolungato applauso. Gesti ai quali, ieri, Francesco ne ha voluto aggiungere un altro. Inedito. Quando per il pranzo si è recato alla mensa della Caritas, dove ha mangiato con 60 poveri, metà dei quali stranieri, ha voluto anche per sé il tesserino di identificazione che viene rilasciato agli utenti della struttura. Un altro modo per sentirsi fratello tra i fratelli. Gli ospiti della Caritas lo hanno accolto con gioia e grandi strette di mano. Un uomo di chiare origini latinoamericane gli ha regalato un copricapo andino che Francesco ha indossato per qualche minuto. Una nonnina gli ha donato una pianta. Un ragazzo di colore si è inginocchiato fino a baciargli i piedi. Lui a tavola, fra piatti, bicchieri e posate di plastica, ricambia versando da bere a chi gli è a fianco. Nel menù ribollita, puré, frutta e dolce, oltre al vin santo con i cantuccini, che il Papa ha assaggiato per la prima volta come pure la ribollita.

Infine tanti doni e un fuori programma artistico. Entrando nel Battistero a Firenze, Francesco si è soffermato alcuni minuti davanti alla “Crocifissione bianca” di Marc Chagall, il suo dipinto preferito. In sottofondo l’organista Gabriele Giacomelli eseguiva brani di Domenico Zipoli (1688-1726), il gesuita nato a Prato e morto in Argentina, molto apprezzato dal Papa. E poi, quando ha finito la Messa allo stadio, non ha mancato di ringraziare tutti, compresi i detenuti che avevano preparato l’altare della celebrazione. Era visibilmente contento, Francesco. In fondo anche pratesi, fiorentini e convegnisti hanno fatto gol nel suo cuore.

da Avvenire, 11 novembre 2015

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