rassegna stampa

Missioni: «Le parrocchie siano laboratori di fraternità»

di Giorgio Bernardelli

Per una Chiesa in permanente stato di missione
Un documento firmato da tutti gli organismi del mondo missionario invita a riscoprire il senso della comunità e l’esigenza di andare incontro agli ultimi

Anche il mondo missionario guarda con attenzione al Convegno ecclesiale di Firenze. E lo fa attraverso un documento Per una Chiesa in permanente stato di missione, diffuso proprio alla vigilia della Giornata missionaria mondiale. Il testo è frutto di una riflessione comune degli organismi che nella Chiesa italiana operano per l’annuncio «ad gentes» e raccoglie anche l’eredità del Convegno missionario nazionale, che ha visto riuniti l’anno scorso a Sacrofano i delegati delle diocesi e degli istituti missionari italiani. Cuore del documento è un appello alle comunità cristiane affinché non chiudano lo sguardo solo all’interno dei propri confini: «Alla nostra Chiesa italiana che ha inviato figlie e figli in ogni angolo della terra – si legge – chiediamo, nonostante le fatiche di questo momento storico, di restare fedele al mandato missionario di Gesù. Sicuri che l’incontro e lo scambio tra Chiese sorelle potrà aiutarla e sostenerla nella sua ricerca di un nuovo umanesimo e di vie nuove per annunciare il vangelo in questo nostro tempo». Sono parole che hanno alle spalle un contesto in cui i missionari italiani nel mondo oggi sono molti meno di ieri. Ma – insieme – il documento è frutto anche della consapevolezza che «vivere le periferie in Africa, in Asia e in America Latina ci ha fatto sperimentare modi diversi di essere Chiesa», che possono essere d’esempio anche per l’Italia.

Di qui una serie di inviti: innanzi tutto quello a mettere realmente i poveri al centro. «Un nuovo umanesimo – scrivono i missionari – può costruirsi ascoltando e riconoscendo umanità sul volto di coloro che la cultura dominante esclude, non vuole vedere o ha paura di incontrare». Ma l’esperienza in missione dice che questo cambia anche lo stile attraverso cui si è Chiesa. Ad esempio riconoscendosi piccola, «immersa in questo grande mondo in cambiamento con più domande che risposte». Una Chiesa «laboratorio di fraternità ed umanità, scuola di comunione, capace di creare esperienze di interculturalità e di incontro tra popoli e religioni diverse». Una Chiesa che mette in discussione anche le proprie abitudini, «capace di trasformare le secolari parrocchie in Comunità di piccole comunità cristiane, comunità ecclesiali di base, incarnate nello spazio dove si abita, in cui la fede quotidianamente si trasforma in carità e solidarietà». Una Chiesa in cui la grazia stessa che ci è donata viene vissuta «in celebrazioni vive e partecipate, anche con l’apporto dei vari ministeri laicali». «Nel proporre un nuovo umanesimo è la conclusione del documento dei missionari – sentiamo l’impellente necessità di tornare all’uomo Gesù, alla sua vita, ai suoi gesti, al suo progetto. Una Chiesa in uscita è una Chiesa discepola, seduta ai piedi di Gesù in ascolto della Parola, che si impregna del Suo annuncio del Regno, progetto di vita piena per tutti».

da Avvenire, 18 ottobre 2915

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