rassegna stampa

«Nel dialogo che ci attende non solo parole ma persone»

di Francesca Cipolloni

Comunicare un uomo nuovo: questo è il mandato impegnativo che noi giornalisti, «annunciatori fuori dalla Fortezza», secondo la definizione di don Ivan Maffeis, direttore dell’Ufficio Cei per le Comunicazioni sociali, portiamo nelle diocesi dopo Firenze 2015. Ora, viene legittimamente da chiedersi quale Chiesa ‘in uscita’ poter descrivere e declinare nei cinque verbi del Convegno ecclesiale, per tradurre in quell’«umanesimo concreto» citato nella Traccia di preparazione anche il servizio informativo cui siamo chiamati. A partire da oggi. Se dunque lo ‘stile sinodale’ riconduce alla pazienza, all’ascolto e al dialogo costruttivo, non possiamo ignorare che, nello sfondo in cui galleggiano notizie che amplificano le ‘ombre’ e anche la ‘tiepidezza spirituale’ del nostro tempo, come ha ricordato alla stampa il cardinale Bagnasco, esistono però una ‘bontà’ e un ‘senso dell’altro’ che costellano miriadi di storie delle nostre comunità e che vanno raccontate. Qui si fonda il compito educativo che ci interpella e che ci vede alleati non nell’«esibire qualcosa, ma nel comunicare qualcosa: la fede in Gesù Cristo». Ecco, allora, che il «trasfigurare il mondo, ossia vivere le cose con il senso di Dio» diventa una missione da animare con gioia e responsabilità nei luoghi, nelle situazioni, nelle pagine, nel web e nei media che abitiamo. Oltre ogni lettura mediocre e approssimativa della realtà che ci circonda. In una società caratterizzata dalla molteplicità di messaggi e in un contesto culturale in cui è disinvolto l’approccio con cui distaccarsi dai valori tradizionali, mentre il mondo digitalizzato rende la ‘prossimità’ una mera attività tecnologica più che umana, vale la pena rileggere quanto suggerito dagli Orientamenti pastorali in Educare alla vita buona del Vangelo: «Di fronte agli educatori cristiani si presenta la sfida di contrastare l’assimilazione passiva di modelli ampiamente divulgati e di superarne l’inconsistenza, promuovendo la capacità di pensare e l’esercizio critico della ragione». Pensare, appunto. E discernere, obiettivi e contenuti, specialmente per chi, nell’ambito giornalistico, è consapevole di poter orientare l’opinione pubblica. La Chiesa che intendiamo narrare, allora, sia fatta anche di anime vere, oltre che di parole.

da Avvenire, 17 novembre 2015

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