rassegna stampa

Nel «Franchi» gremito, ricordando la sapienza di san Leone Magno

di Marco Iasevoli

Dicevano che Firenze era troppo distratta dai suoi infiniti turisti per fermarsi un intero martedì. Ma il boato dell’Artemio Franchi – lo stadio della Fiorentina – all’ingresso della papamobile ha fatto chiarezza tra sensazioni e realtà. Spalti gremiti in ogni ordine di posto, 55mila persone, uno spettacolare gioco di colori tra il verde del campo da calcio e i fazzoletti bianchi, gialli e rossi agitati al passaggio di Francesco. Con tre presenze preponderanti che saltavano agli occhi: i ragazzi e i giovani (tra loro tantissimi “neoitaliani”), gli immigrati e, sorpresa delle sorprese, proprio i turisti, tanti in fila per entrare proprio come i fiorentini. «Grazie di questa calorosa accoglienza – dice il Papa al termine della celebrazione eucaristica –. Per me è stata una testimonianza».

L’atmosfera è calda, il pomeriggio è più che primaverile, i colori nitidi. C’è il coro del Maggio fiorentino che sa come far passare i minuti di attesa. Le similitudini calcistiche si sprecano. «Bergoglio facci un gol», incita uno striscione. Il Papa argentino, nonostante la stanchezza, non è indifferente. Poi, nel composto silenzio della liturgia, riprende il filo di un discorso iniziato di mattina a Prato e sviluppato largamente in Cattedrale con i delegati del Convegno ecclesiale. Il tema resta quello, l’incontro tra fede e vita. «A Gesù interessa quello che la gente pensa non per accontentarla, ma per poter comunicare con essa. Mantenere un sano contatto con la realtà, con ciò che la gente vive, con le sue lacrime e le sue gioie, è l’unico modo per poterla aiutare, formare e comunicare. I discepoli di Gesù non devono mai dimenticare da dove sono stati scelti, cioè tra la gente».

L’omelia è breve, la celebrazione scorre via sobria e veloce. E si capisce che il Papa, partendo dal Vangelo, vuole anche “ringraziare” la città che l’ha ospitato. Sceglie un testimone, papa Leone Magno, che i toscani conoscono. «Aveva quest’ansia apostolica che tutti potessero conoscere Gesù per quello che è veramente. Custodire e annunciare la retta fede in Gesù Cristo è il cuore della nostra identità cristiana ». Ed è soprattutto questo il compito di Pietro, «custodire e proclamare la verità della fede; difendere e promuovere la comunione tra tutte le Chiese; conservare la disciplina della Chiesa». Ma la custodia della verità, continua il Papa, «scandalizza» perché la fede cristiana prevede un Dio che «si è svuotato, si è abbassato alla condizione di servo ». L’omaggio alla fiorentinità è anche nel riconoscimento di un «umanesimo che in questa città ha sempre avuto il volto della carità». Sugli spalti si alternano entusiasmo e compostezza. I più scalmanati sono i pulcini della Fiorentina, una macchia viola nella curva Fiesole, la curva del tifo. La first lady, Agnese Renzi, siede in tribuna con i figli. A rappresentare il governo Luca Lotti, mentre l’attenzione della città e della regione è anche nella presenza del patron della Fiorentina Andrea Della Valle (con il mister Paulo Sousa e alcuni giocatori) e del capitano della nazionale, il carrarese Gianluigi Buffon. Ma l’ultimo pensiero di Francesco, prima di salire sull’elicottero che lo riporta a Roma, è per i detenuti del carcere di Sollicciano che hanno realizzato l’altare sul quale è stata celebrata l’Eucarestia: «Grazie di questo dono che avete fatto a Gesù».

da Avvenire, 11 novembre 2015

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