rassegna stampa

Se la democrazia s’ammala di personalismo

di Gianni Cardinale

Nel secondo e ultimo giorno del meeting sul nuovo umanesimo organizzato a Roma il sociologo Diamanti ha evidenziato i rischi della deriva individualista in politica. Prodi: «I problemi derivano dal nuovo assetto globale e dalla debolezza Onu»

«Viviamo in un mondo in cui i cambiamenti non sono mai stati così profondi e così rapidi», in cui emergono tre temi fondamentali: il lavoro, le diseguaglianze, le migrazioni. È questo il quadro geopolitico mondiale delineato ieri da Romano Prodi nel corso dell’incontro di studio organizzato dalla Rivista Il Regno, dal Gruppo Abele, dall’Azione Cattolica, dalla Caritas Italiana, dal Coordinamento delle Comunità d’Accoglienza (Cnca), dalle Reti della Carità e dal Movimento dei Focolari, in vista del V Convegno nazionale della Chiesa italiana che si terrà a Firenze.

L’ex premier ha spiegato come la storica leadership mondiale statunitense, caratterizzata in un permanente dominio tecnologico (assoluto nel campo mediatico) ed energetico, non possa essere più esercitata isolatamente. E questo soprattutto per l’azione della Cina che, ad esempio, ha costituito una Banca asiatica concorrente alla Banca mondiale (egemonizzata dagli Usa) a cui ha aderito anche una storica alleata di Washington come la Gran Bretagna (e altri Paesi europei come l’Italia). Sottolineando poi come si stia costituendo nel mondo una «rete» cinese che non ha precedenti nella storia, Prodi ha spiegato che in futuro conteranno di più anche l’India e l’Africa. In questo contesto l’Europa, che non è più quella di dieci anni fa, sembra «paralizzata e divisa». Mentre anche le istituzioni internazionali, come l’Onu, risultano indebolite: efficaci nei microconflitti, ma di fatto impotenti nelle grandi crisi come quella libica dove sono in gioco gli interessi delle potenze che siedono nel consiglio di sicurezza. In questo contesto Prodi ha osservato come papa Francesco, e si è visto nel ruolo giocato per la svolta nei rapporti Usa-Cuba, gode di un «grande softpower», e quindi di una «grande influenza sui governanti », che però, ha aggiunto, si sente di «meno sui governi».

Alla giornata di studio è intervenuto anche il sociologo Ilvo Diamanti che ha constatato come «il tempo della democrazia rappresentativa, dove centrale è il ruolo della mediazione da parte dei corpi intermedi, sembra ormai finito o comunque diventato impopolare». Dopo la «democrazia dei media», dove «il cittadino è il pubblico e la comunicazione prende il posto della partecipazione », per Diamanti questo è il tempo della «democrazia immediata», che «va oltre la democrazia dei media perché insegue l’immediato e per questo contrasta le ideologie e la fede». Nella democrazia immediata «la personalizzazione diventa estrema». E «si verifica una processo crescente di disintermediazione ». Diamanti ha osservato come questo fenomeno interessi in parte anche la Chiesa: «All’inizio del pontificato di Francesco, più si alzava la curva di consenso del Papa, più si abbassava quella della Chiesa », ha notato il sociologo, ora, invece, le due curve «hanno ripreso ad avvicinarsi».

La mattinata del convegno, moderata da Gianfranco Brunelli, era iniziata con un saluto di don Francesco Soddu, direttore della Caritas italiana, che ha toccato anche la questione della recente sentenza della Corte costituzionale sulle pensioni (ne riferiamo in altra pagina), e una riflessione del biblista Pietro Stefani. Il convegno si è concluso con una meditazione del cardinale Roger Etchegaray, che pubblichiamo integralmente a fianco, e con il saluto di don Luigi Ciotti.

da Avvenire, 17 maggio 2015

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