rassegna stampa

«Serve una Chiesa a misura d’uomo»

di Roberto Mazzoli

Mons. Galantino a Fano traccia il cammino verso il Convegno ecclesiale di Firenze

La Chiesa diocesana di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola si è riunita ieri assieme al vescovo Armando Trasarti, per ripensare il proprio progetto pastorale. Un confronto tra laici, presbiteri e religiosi sul tema «Il volto di una Chiesa, famiglia di famiglie» declinato nei cinque verbi del Convegno nazionale ecclesiale di Firenze del prossimo novembre: «uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare». Ad aprire il percorso diocesano è stato il vescovo Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, che nel suo intervento ha indicato le caratteristiche essenziali che la Chiesa deve assumere in vista di un cammino di rinnovamento sulla via del «nuovo umanesimo». «Il punto di partenza – ha esordito il segretario generale della Cei – può suonare quasi come uno slogan ma ciò che serve è una Chiesa a misura d’uomo». Il modello è Cristo uomo nuovo. «Più la Chiesa sarà fedele a Cristo incarnandone i tratti umani e divini, più sarà testimone di un’umanità nuova».

Per il vescovo Galantino non si tratta tuttavia di creare una nuova teoria sull’umanesimo ma di testimoniare con la presenza e la vita, la «buona notizia di Gesù» rivolta all’uomo di oggi. Sintetizzando i primi due anni di pontificato di papa Francesco, Galantino

ha così posto l’accento sui due atteggiamenti irrinunciabili che questa Chiesa deve saper mostrare al mondo per diffondere questa novità: la gioia e la misericordia. La prima nasce dalla consapevolezza dell’incontro con Cristo. «Non c’è niente di peggio – ha detto il vescovo Galantino – di un cristianesimo triste, pessimista, stizzoso e criticone: inevitabilmente finisce per essere una contro-testimonianza che allontana la gente dall’incontro con Gesù. Per non parlare della tristezza cronicizzata di alcune nostre liturgie! Altro che Risurrezione, sembriamo fermi al Venerdì Santo».

Le nostre comunità devono poi diventare sempre più «luoghi di misericordia, di riconciliazione e perdono, di ripartenza dopo la presa di coscienza dei propri errori.

Uno sguardo misericordioso che rinuncia a giudizi escludenti e quasi punitivi ma che sa accogliere il prossimo così com’è, magari con tutti i suoi difetti. Solo con questo sguardo misericordioso – che è lo sguardo di Dio stesso potremo annunciare ai fratelli la speranza del Vangelo che noi per primi abbiamo incontrato». In conclusione Galantino ha esortato a utilizzare questi criteri per iniziare un percorso di verifica e di maturazione a partire dalle comunità parrocchiali per rinnovare i nostri territori con i segni efficaci di questo umanesimo in Cristo.

da Avvenire, 24 maggio 2015

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