rassegna stampa

Trasfigurare, la relazione finale

di Umberto Folena

Bellezza e sobrietà insieme per una liturgia rinnovata

Bellezza e sobrietà, insieme. Sono i due perni attorno a cui dovrà ruotare «un profondo rinnovamento » della liturgia. Goffredo Boselli, monaco di Bose e liturgista, sintetizza e traccia le prospettive della quinta via, “trasfigurare”, il verbo forse meno immediato dei cinque che hanno guidato i lavori di Firenze e che potrebbe essere definito così: «Trasfigurare è sguardo che cerca l’uomo, specialmente i poveri », e ancora «far emergere la bellezza che c’è, e il Signore non si stanca di suscitare nella concretezza dei giorni, delle persone che incontriamo e delle situazioni che viviamo».

Il punto di riferimento, ha ricordato Boselli, è il Vaticano II. «Le nostre liturgie devono essere sempre più segnate dalla bellezza e da quella nobile semplicità, voluta dal Concilio». E questo è la prima delle tre consegne che i partecipanti alla quinta “via” affidano a tutto il Convegno: ripartire appunto dal rinnovamento liturgico conciliare, «perché dal rinnovamento della liturgia passerà ancora il rinnovamento della Chiesa stessa». Una consegna che consiste nel «riaffermare il posto centrale che occupano la liturgia, la preghiera e i sacramenti nella vita ordinaria delle comunità. La liturgia è il luogo dove la Chiesa stando alla presenza di Dio diventa ciò che è, ascoltando il Vangelo discerne la sua missione nel mondo».

La liturgia, sintesi di bellezza e sobrietà, inevitabilmente cambia perché cambia chi vi si accosta, cambiano i fedeli abituali e saltuari, tanto da poter affermare che «la pastorale dei sacramenti è oggi chiaramente una pastorale missionaria. La domanda del battesimo per i figli e le tappe della loro iniziazione, la richiesta del matrimonio cristiano, l’esperienza del male e della colpa, le dolorose prove della malattia e della morte, anche queste sono le periferie esistenziali verso le quali la Chiesa è impegnata a uscire». Boselli insiste, interrotto a tratti dagli applausi. «Vita, amore, morte sono, ieri come oggi, le parole dell’umanizzazione, e la richiesta ancora molto ampia in Italia che i sacramenti della Chiesa segnino le grandi tappe della vita, impegna la Chiesa italiana a uscire incontro a questa domanda».

Il futuro appartiene alle «liturgie ospitali» («L’intera esistenza di Gesù è stata una liturgia ospitale »), nelle quali emerga la «natura profondamente umana e autenticamente divina della liturgia». Una liturgia in cui sia evidente «la cura delle relazioni e la tenerezza nel modo di presentarci, e ci facciano sentire compagni di viaggio e amici del poveri e dei sofferenti».

da Avvenire, 14 novembre 2015

 

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