rassegna stampa

Trasfigurare: Una fede che sia lievito, capace di trasmettere gioia

di Umberto Folena

Trasfigurare. Nervi saldi, la parola non deve incutere timore. Chi non fa esperienza concreta, quotidiana, di «trasfigurazione»? Trasfigurare significa guardare al mondo, alle persone e alle cose con gli occhi della fede. È entrare in relazione con il mistero di Cristo quando si prega, e con Cristo risorto durante la liturgia eucaristica. Trasfigurare è la bellezza nella sua espressione più alta. Ma come hanno concretamente affrontato la quinta via i delegati ieri pomeriggio?

Pina De Simone, membro del Comitato, animatrice del “trasfigurare”, è della diocesi di Nola in Campania, insegna filosofia alla Facoltà teologica dell’Italia meridionale e ha una lunga e importante esperienza maturata nell’Azione cattolica. Conferma la bontà del metodo, con piccoli gruppi di dieci elementi appena: «Nessuno si nasconde, tutti partecipano». E il tema? «È stato accolto forse con curiosità, sicuramente con interesse. Ci ha messi alla prova».

Bisogna essere sinceri, la parola non è “facile”… «È vero, però è anche affascinante. Indica un orizzonte alto a cui guardare e verso cui protendersi. I delegati l’hanno capito perfettamente».

Un buon aiuto è venuto dai videoclip di presentazione. Quel «voce del verbo», osserva Pina De Simone, «indica un dinamismo e suggerisce tensione, forza, energia provenienti dallo Spirito. E in questo ci siamo sentiti in sintonia con Francesco, che martedì ci ha detto come la fede possa essere rivoluzionaria proprio per impulso dello Spirito». La parola “trasfigurazione”, dunque, è tutt’altro che disincarnata. «Proprio così. Consente di compiere uno sforzo di immaginazione creativa. Induce a immaginare, insieme, una fede umanizzante, una fede che sia lievito, fermento e profezia, una fede capace di trasmettere gioia di vivere».

Il metodo dei piccoli gruppi sembra dunque indovinato. Però è anche laborioso proprio per l’enorme quantità di gruppi e la varietà dei contenuti. «La sinodalità – spiega Pina De Simone – ha bisogno di tempo, di pause, di attese, di silenzi. Per giungere a una sintesi felice». E i delegati qualche sintesi felice l’hanno proposta, quando hanno declinato il verbo trasfigurare in altri verbi: chiamare per nome, guardare negli occhi, accogliere, accompagnare, incoraggiare… «Che altro non sono – conclude De Simone – che i verbi della vita».

da Avvenire, 12 novembre 2015

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