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Umanesimo francescano e fraternità globale

di José Antonio Merino

Il vero umanesimo, l’umanesimo dell’uomo integrale, l’umanesimo che difende e tutela la dignità e i più profondi valori della persona, non sta nei proclami solenni dei partiti né nei loro lusinghieri sistemi politici o filosofici, ma nel modo in cui si vivono le relazioni interpersonali, gli impegni sociali e la vita del lavoro quotidiano, del riposo, dell’amore, della festa e di tutte le altre relazioni con i propri simili. È qui che si può analizzare il messaggio, il contenuto e la qualità umanistica di un sistema, di una religione, di una filosofia, di una politica o di un gruppo umano. Ed è qui precisamente che il francescanesimo, come vita e come pensiero, si rivela in tutta la sua profondità e significato.

Il francescanesimo, pertanto, non è solo un modo di rapportarsi con Dio e di interpretare la relazione di Dio con l’uomo e con il mondo; è più un modo di vivere e di interpretare le relazioni dell’uomo con l’uomo e dell’uomo con la natura e con la cultura. Il modo di trattare tutte queste realtà crea uno stile, e questo stile riflette una singolare qualità che si manifesta nel gesto, nel saluto, nel tratto normale e in tutti i momenti dello stare insieme con l’altro, del vivere con l’altro e dell’essere per l’altro.

La società contemporanea ha fatto grandi progressi e conquiste nel campo della tecnica e della scienza, nei mezzi di comunicazione sociale e nell’accorciare distanze spaziali. Ma a questo progresso materiale non sempre si è accompagnato un progresso spirituale, morale e umanizzante. In effetti oggi assistiamo alle grandi e tormentate concentrazioni di solitudini, alla cultura informatica che converte moltitudini in cifre, a una dinamica della produzione e del consumo, nel quale l’aspetto personale ed etico, i valori soggettivi e i grandi spazi della comunicazione non sono sufficientemente rispettati perché non rendono né producono.

La grande secolarizzazione culturale nacque prepotentemente nel Rinascimento, allorché si sviluppò un forte movimento antropocentrico che si esaurì nel razionalismo, nell’empirismo e nello psicologismo. A partire da allora, l’io si erge come forza e come criterio decisivo, fino al punto di dividere la realtà in due blocchi: io-non io, io-tu, io-società, io-mondo, io-Dio, io-legge. La realtà si presenta segnatamente duale ed antitetica. Invece di vedere delle presenze nell’altro, nel tu, nel mondo, in Dio, nella società, si vede una resistenza che bisogna dominare, sottomettere o eliminare.

In questo modo la vita umana si trasforma in un orizzonte ineludibile di incalcolabili fraintendimenti, che giungeranno alla loro massima espressione nella lotta contro l’altro, in un esacerbato ateismo, nello sfruttamento della natura attraverso la tecnica e in un individualismo irritante. Ne discende che il problema della cultura europea e occidentale consiste in uno scollamento tra realtà che sono divenute diffidenti ed ostili tra loro.

Tale situazione culturale ha prodotto un atteggiamento di diffidenza e di sospetto nei vari settori umani. L’incomunicabilità umana trova la sua giustificazione nella tradizione culturale occidentale. Esattamente quando Cartesio inizia la sua ricerca filosofica fonda il problema dell’altro partendo dalla ragione solitaria e non dalla ragione comunicativa.

Francesco d’Assisi non fu un profeta frustrato né un demagogo di turno, né un eterodosso per convenienza, né un classico dissidente. Non levò la voce contro niente e contro nessuno, né intese riformare la Chiesa né i cristiani. Cercò di riformare se stesso e gli uomini e le donne che si univano a lui volontariamente.

Il Poverello fu un cristiano radicale, non un rivoluzionario sociale. Francesco non fu mai un cristiano amareggiato né un importuno guastafeste. Perciò, non creò sospetti nella gerarchia ecclesiastica perché si poté constatare che egli non si concedeva alla critica abituale dei cosiddetti riformatori e di coloro che si credono migliori degli altri. Egli era troppo sensibile ed umile per potersi convertire in un eretico intransigente e in un franco tiratore; egli era così fortemente fraterno che non poteva limitarsi ad essere un fustigatore implacabile della società del suo tempo. Francesco, invece, si apre all’altro, lo rispetta e lo promuove esistenzialmente. Perciò, può indicare il cammino verso un umanesimo dalle porte aperte, che, superando il sospetto e la diffidenza, è capace di presentare le condizioni di possibilità per un dialogo basato sul rispetto, sull’accoglienza e nella speranza.


Dal contributo di P. José Antonio Merino (Pontificia Università Antonianum) all’Incontro promosso dalla Fraternità Francescana e Cooperativa Sociale Frate Jacopa “In cammino verso Firenze 2015” – In Gesù Cristo il nuovo umanesimo – (Roma 24-26 apr 2015)

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da Il Cantico 5/2015

1 Commento a “Umanesimo francescano e fraternità globale”

  1. GREGORIO
    il

    DA MOLTO TEMPO LEGGO LA RIVISTA “IL CANTICO” DELLA FRATERNITA’ FRANCESCANA FRATE JACOPA, ED E’ UNA LETTURA CHE MI ARRICCHISCE PER I CONTENUTI, SEMPRE APPROFONDITI, SU TEMATICHE RELIGIOSE E DI ATTUALITA’ STRETTAMENTE COLLEGATI AI DOCUMENTI DELLA CHIESA CATTOLICA E DI PAPA FRANCESCO.

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