rassegna stampa

Umano: la Chiesa ha cose da dire

di Massimo Venturelli

Intervista a Chiara Giaccardi

Lunedì 1 giugno, nell’ambito del Festival della Comunità, si tiene in Duomo Vecchio a Brescia, con inizio alle 18.30, l’incontro “Quale uomo per quale comunità”, appuntamento diocesano che segna il cammino verso il convegno ecclesiale nazionale di Firenze. Tra le personalità invitate doveva esserci, come più volte annunciato, mons. Domenico Pompili, sottosegretario della Cei. La sua nomina a vescovo di Rieti ha reso impossibile la sua presenza a Brescia. Il confronto in Duomo vecchio non ci ha però rimesso: il posto di mons. Pompili è stato preso da Chiara Giaccardi, membro della giunta di presidenza del Comitato preparatorio del Convegno di Firenze. E visto che con mons. Giacomo Canobbio e il sindaco di Brescia si parlerà di uomo, di comunità e umanesimo, la presenza della docente dell’Università cattolica è particolarmente qualificante, come si intuisce anche dall’intervista concessa a “Voce”.

“In Gesù Cristo il nuovo umanesimo” è il tema scelto per il convegno ecclesiale nazionale di Firenze, che indica una Chiesa intenzionata a cercare al suo interno, nell’orizzonte dei suoi valori, le ragioni, le motivazioni, la spinta per mettersi in gioco per l’affermazione di un umanesimo cristiano, che renda l’uomo degno di questo nome…

Credo che il tema scelto sia quanto mai opportuno, perché stiamo entrando in un epoca in cui si parla di postumano, di transumano, in cui le sfide all’umanità sono potenti da parte di tanti soggetti, in cui cresce il rischio di essere disumani. Interrogarsi su cosa significhi l’essere umano credo sia un compito che la Chiesa si è data per poter interloquire con l’epoca attuale e dialogare con i segni dei tempi.

Quali gli elementi di continuità con i convegni di Verona (“Testimoni di Gesù speranza del mondo”) e di Palermo (“Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia”)?

La continuità tra i diversi convegni ecclesiali che la Chiesa italiana ha celebrato è sicuramente rappresentato dal suo cammino, che è unico e che la vede, in ogni epoca, alla ricerca del dialogo con il suo tempo, cercando di cogliere le fatiche e le speranze e impegnata nel tentativo di dare un indirizzo e una prospettiva. Credo che il tema della testimonianza che era al centro del Convegno di Verona, quello del vangelo della carità che aveva animato le giornate di Palermo sono due elementi che caratterizzano il pontificato di Papa Francesco, ma che sono e saranno presenti nell’organizzazione del convegno di Firenze. Non è, infatti, possibile parlare di umanesimo senza tenere presente il tema della testimonianza perché prima ancora che essere annunciato l’umanesimo va testimoniato. C’è, dunque, una novità di linguaggio ma una continuità di temi e contenuti per un dialogo con il tempo che è cambiato.

Qualche osservatore ha letto nella scelta di Firenze il cambio di direzione di una Chiesa che non intende più ingaggiare una “battaglia culturale” contro il mondo, ma che si pone in un atteggiamento di comprensione…

La lettura della battaglia culturale che alcuni media hanno fatto propria è sbagliata. C’è semmai l’intento di portare un contributo a una riflessione sull’umano e alla comprensione delle sue difficoltà e delle sue fatiche, per accompagnarle in una direzione di discernimento. Difficilmente tutto questo può essere definito come “battaglia culturale”.

L’elezione di Papa Francesco e il suo pontificato hanno indirizzato le riflessioni per altro già in atto sul convegno di Firenze?

Più che indirizzare hanno confortato sulla scelta effettuata. Facendo parte della giunta incaricata di preparare il Convegno ecclesiale posso testimoniare che ancora con Benedetto XVI ci si interrogava su quale fosse la via da percorrere attorno al tema. Prima ancora dell’elezione di papa Francesco si era deciso di partire dall’umano in atto, anziché dal modello di un uomo ideale. Papa Francesco ci ha fornito, poi, tutti gli strumenti, la forza, il lessico per perseverare nella direzione intrapresa. Una direzione che è difficile perché si tratta di dialogare con il mondo, di fare anche la fatica di ascoltare l’esperienza delle diocesi, di non porsi in una prospettiva didattica che si esaurisse nella semplice enunciazione di ciò che è l’umano, che forse era anche più semplice. Papa Francesco ci ha confortato in un cammino che è più impegnativo, ma più corrispondente a ciò di cui oggi c’è bisogno.

Sembra che la Chiesa sia rimasta sola nella riflessione sui temi dell’uomo, di un nuovo umanesimo…

Per la verità nel Paese c’è in atto una riflessione sull’umano. Basti pensare per esempio a tutta la riflessione sull’utero in affitto o sulle forme di manipolazione della vita nascente. Dunque c’è un bisogno di ripensare, al di là del politicamente corretto, cosa significhi l’essere umano. Su questi temi oggi la Chiesa ha delle cose importanti da dire. La sfida di Firenze sarà di non parlare solo ai fedeli ma a un pubblico più ampio che ha bisogno di ascoltare anche questa voce.


da La Voce del Popolo, 28 maggio 2015
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