rassegna stampa

«Un altro stile per diventare cristiani in uscita»

di Matteo Liut

Crescono le aspettative tra i delegati delle diocesi italiane: «Servono ascolto e concretezza molto più che documenti»

Sognano un cambio di stile, un passo nuovo nella pastorale, un coraggio ritrovato nel sapersi mettere al servizio dell’uomo forti della propria identità di fede. E sanno che il cammino verso queste mete è già partito. Ne sono consapevoli perché loro, i delegati al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze, stanno lavorando da tempo a questa pista e ne hanno già assaggiato i primi frutti.

«La preparazione al Convegno di Firenze ci ha visti coinvolti in questo lavoro ‘sinodale’ in cui tutti hanno potuto intervenire e tutto è stato preso in considerazione – sottolinea Marialetizia Milanese, del patriarcato di Venezia –. Ha preso forma concreta la Chiesa del Concilio. È stato un cammino che ha avuto anche cambi di direzione ma che alla fine ha preso la via giusta. Mi aspetto che il Papa in qualche modo con le sue parole dia sostanza a questo stile che abbiamo sperimentato e che nel Triveneto avevamo vissuto anche con il convegno ‘Aquileia 2’».

Valerio Landri, delegato regionale della Sicilia, dice di sperare che «il percorso compiuto fin qui non si risolva in nulla o in semplici documenti ma possa continuare nella vita quotidiana delle comunità locali. D’altra parte – aggiunge Landri – abbiamo finora raccolto l’esigenza forte di cambiare stile, di coltivare il coraggio di continuare a entrare in relazione con l’uomo di oggi, con il territorio, anche con chi è lontano dalla Chiesa, in un clima di dialogo: questo significa tornare a essere missionari». E ai lavori di Firenze, conclude il delegato siciliano, di certo «sarà il Papa a dare il ‘la’».

Per Federico Nanni, della diocesi di San Marino-Montefeltro, Firenze 2015 offrirà «un’occasione di ascolto e di incontro tra esperienze diocesane, che ci aiuteranno a rendere concreto il tema dell’umanesimo di fronte alle continue sfide e provocazioni che vengono dalla concretezza della vita delle persone». Un punto nevralgico, aggiunge Nanni, sarà «la comprensione di cosa significa annunciare Gesù oggi e accogliere l’umanità con le sue attese e le sue fatiche».

Guarda già al dopo anche la Sardegna, come testimonia Maria Rita Quartu, dell’arcidiocesi di Oristano: «Da un lato abbiamo avviato una fitta rete di contatti con il mondo giovanile attraverso le scuole – testimonia –, dall’altro il cammino verso Firenze ci ha permesso di valorizzare tutte le realtà diocesane che già operano a favore dell’umano. I lavori del convegno saranno un’ottima risorsa per proseguire questo impegno. In regione, ad esempio, si sta già pensando di costituire un’équipe che continui a lavorare sul tema dell’umanesimo».

«La speranza è che Firenze ci aiuti a promuovere un nuovo atteggiamento interiore nei confronti del mondo – dice Marisa Parato, di Bari, presidente della Conferenza italiana degli istituti secolari – e che aiuti a diffondere quell’umanesimo incarnato che ci spinge a guardare agli uomini come Cristo li guarda e si interessa a loro, a tutti, senza distinzione».

Per Pierino Martinelli, delegato del Triveneto, «l’aspettativa più grande dei delegati verso questo convegno è che inneschi un processo di condivisone, un processo sinodale, che sulla base del risultato dei lavori di Firenze riesca a incidere sulla comunità cristiana. E il metodo utilizzato in questi due anni, caratterizzato da molto ascolto, offre buone possibilità di ottenere risultati concreti».

Anche per Maria Chiara Pallanti, di Firenze, che sarà al convegno per la Fondazione Missio, «la sfida più grande sarà quella di far arrivare i contenuti del convegno nelle comunità parrocchiali. Questo dipenderà molto anche dai nostri pastori. Firenze sarà anche il luogo per ‘sognare’ un progetto importante – nota Pallanti –, anche se da un convegno non si possono pretendere grandi cambiamenti perché le cose si costruiranno poi nel tempo nella quotidianità».

Per don Giordano Goccini, della diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, «a Firenze, anche se l’attenzione in questo periodo è rivolta ad altri eventi della Chiesa, sarà importante esserci, perché non dobbiamo smettere di ‘convenire’, di ritrovarci, di curare quei rapporti che ci tengono uniti e ci fanno camminare assieme. La speranza – conclude il sacerdote – è che da Firenze portiamo a casa quei cinque verbi, cinque azioni, declinati in proposte concrete che sappiano tracciare un cammino per il futuro».

da Avvenire, 18 ottobre 2015

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