rassegna stampa

Un tour di mostre sull’espressione del sacro nel tempo

di Alessandro Beltrami

È particolarmente ricco il ventaglio di proposte culturali che accompagnano (come una sorta di dimostrazione nei fatti dell’umanesimo, antico e nuovo) il Convegno ecclesiale di Firenze. Due in particolare le mostre che costituiscono i pilastri della proposta, tappe che dovrebbero essere ‘obbligate’ per i delegati, e non solo, perché consentono un’ampia riflessione sul rapporto tra arte e spiritualità nell’ultimo secolo e mezzo, campo di dibattito importante per ogni discorso intorno all’uomo. La prima è allestita a Palazzo Strozzi, ha per titolo Bellezza divina ed è dedicata al rapporto tra arte e sacro tra Otto e Novecento. È un percorso che si snoda attraverso un centinaio di opere dei principali artisti italiani, tra cui Domenico Morelli, Gaetano Previati, Felice Casorati, Renato Guttuso, Lucio Fontana, Emilio Vedova, oltre a una selezione dei grandi maestri internazionali come Vincent van Gogh, Jean-François Millet, Edvard Munch, Pablo Picasso, Max Ernst, Georges Rouault, Henri Matisse… Testimonianze forse sorprendenti per molti, ma che dimostrano la permanenza del sacro nell’arte del secolo delle grandi tragedie. A questa storia ‘nascosta’ dell’arte risponde, come in una sorta di capitolo due, la mostra allestita nei sotterranei della brunelleschiana chiesa di Santo Spirito. Si fece carne, infatti, investiga il fascino esercitato dal sacro sull’arte contemporanea. Divisa in tre sezioni, vede nella prima una selezione di artisti internazionali, da Yves Klein a Nan Goldin, da Mimmo Paladino a Raul Gabriel; la seconda riguarda gli artisti toscani, o residenti in Toscana, che hanno lavorato sul sacro: tra questi scultori come Giuliano Vangi e Massimo Lippi; la terza infine offre una selezione di tavole del nuovo Lezionario della Cei, firmate da artisti come Sandro Chia, Giulio Paolini, Claudio Parmiggiani, Ettore Spalletti, Valentino Vago. Il terzo grande evento espositivo inaugurato a fine ottobre in vista del Convegno ma che – a differenza degli altri due – è permanente, è il nuovo grande Museo dell’Opera del Duomo di Firenze. Si tratta di una realtà che merita di diventare una meta di rigore nel panorama fiorentino, accanto agli Uffizi e l’Accademia. Il museo raccoglie infatti sculture, soprattutto, e pitture realizzate nei secoli per Santa Maria del Fiore. Tra le novità – il Museo riapre dopo un lungo lavoro di riallestimento e soprattutto ampliamento – la ricostruzione a grandezza reale della facciata della cattedrale progettata e decorata da Arnolfo di Cambio nel Trecento. Ma la collezione ospita capolavori assoluti di Lorenzo Ghiberti, Donatello, Luca della Robbia, Antonio Pollaiolo, Andrea del Verrocchio, Michelangelo. In ultimo va segnalata la proroga fino all’11 novembre della mostra L’arte di Francesco.

Capolavori d’arte e terre d’Asia dal XIII al XV secolo, alla Galleria dell’Accademia, che documenta la produzione artistica di matrice francescana dal Due al Quattrocento con uno sguardo speciale alle missioni dei frati minori in Estremo Oriente.

da Avvenire, 8 novembre 2015

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