rassegna stampa

«Una guida verso la felicità che non muore»

di Riccardo Bigi

Nella Basilica della Santissima Annunziata erano una trentina. Tra loro anche il maresciallo ferito nel 2013 in una sparatoria davanti a Palazzo Chigi

«Una grandissima emozione ». Leonardo Fagorzi è uno dei trenta malati e disabili che hanno pregato con papa Francesco nella basilica della Santissima Annunziata, a Firenze. «Per me – dice Leonardo – il Papa è una fonte di speranza e umanità, ci indica la strada per una vita migliore su questa terra ma soprattutto la strada per la felicità nell’aldilà. Le sue parole mi riempiono di gioia, mi scaldano davvero il cuore, insomma mi fanno stare bene. Nei momenti di solitudine, nella notte del cuore, non mi sento più solo e triste. Non è soltanto il Papa, per me è anche un padre, un nonno, un fratello maggiore e un amico fraterno ». Insieme a Leonardo erano presenti anche alcuni ospiti dell’Oda (Opera diocesana di assistenza) e alcuni malati assistiti dalle Misericordie, dall’Unitalsi e dalla Caritas. Una presenza particolarmente significativa è stata anche quella di Giuseppe Giangrande, il maresciallo dei carabinieri che fu ferito in una sparatoria davanti a Palazzo Chigi il 28 aprile 2013, nel giorno dell’insediamento del governo Letta. Tra i malati anche Maria Teresa Facibeni, la nipote di don Giulio Facibeni, il fondatore dell’Opera Madonnina del Grappa, di cui è in corso la causa di beatificazione. Ha 86 anni ed è gravemente malata, l’hanno accompagnata i figli.

Insieme al Papa era presente anche una donna che proviene dal manicomio fiorentino di San Salvi, dove ha trascorso la giovinezza, e che oggi è ospite dell’Oda. Quando con la legge Basaglia furono chiusi i manicomi, l’Opera diocesana si offrì di ospitare nelle sue strutture diverse persone che venivano da San Salvi, specializzandosi negli anni nell’assistenza ai disabili intellettivi. «La carità – sottolinea il presidente dell’Opera, don Vasco Giuliani – deve saper leggere i segni dei tempi e rispondere alle esigenze che vengono dalla storia. L’Opera diocesana di assistenza nasce come segno concreto dell’attenzione della Chiesa nei confronti delle persone più deboli, di quelle che non hanno le capacità di difendersi, come i nostri ragazzi disabili». Al momento della chiusura di San Salvi, dunque, l’Oda (guidata allora da don Renzo Forconi) volle dare una risposta all’emergenza che si stava creando, accogliendo diverse persone.

da Avvenire, 11 novembre 2015

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