rassegna stampa

«Un’occasione di riforma, per rompere con le abitudini»

di Marco Bonatti

Nessuno si deve sentire escluso dall’appuntamento decennale ormai alle porte, e per più di un motivo. È l’invito dell’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, alla guida del Comitato che ha curato la preparazione dell’evento fiorentino

“Un ‘Convegno di popolo’: sarebbe proprio un’utopia? Io credo di no. Abbiamo lavorato in questi ultimi anni proprio al coinvolgimento più ampio possibile, in modo che Firenze… non finisca a Firenze». Monsignor Cesare Nosiglia è il presidente del Comitato preparatorio del Convegno nazionale della Chiesa italiana. Ormai alla vigilia dell’incontro, è venuto il momento di ribadire l’appello alla partecipazione. «Il Convegno non è una vetrina di delegati e ‘personaggi’, nessun Convegno della Chiesa italiana lo è mai stato: la provenienza da tutte le diocesi e da tutte le regioni garantisce una rappresentatività capillare. La preparazione, poi, ha potuto valersi dell’apporto massiccio di Internet e delle reti sociali: questo ha generato un tipo di attenzione nuovo e diverso. Internet servirà anche durante e dopo il Convegno, come spazio di documentazione e di scambio». E tuttavia Firenze deve conquistarsi il proprio spazio di attenzione: «C’è una partecipazione che mi sento di chiedere, con umiltà e con convinzione, a tutti i cattolici d’Italia, ed è quella nella preghiera – dice Nosiglia –. Il Convegno è prima di tutto un atto di Chiesa, che rende visibile la comunione dei credenti italiani. Ecco allora l’importanza di una ‘preghiera diffusa’, che venga dai monasteri, dalle clausure ma anche dalle 26mila parrocchie del nostro territorio. La presenza del Papa all’inizio dei lavori, inoltre, rafforza questo significato: Francesco è il vescovo di Roma e il primate d’Italia: è dunque a noi che si rivolge prima di tutto il suo magistero, specie in questa occasione».

C’è un’altra mobilitazione strategica alla portata di tutti: parlare del Convegno, del suo contenuto, farne circolare la notizia, organizzare incontri con i delegati o sui temi della Traccia. «In questi mesi, dopo la costituzione delle delegazioni diocesane e regionali – osserva l’arcivescovo di Torino – gli incontri di preparazione si sono moltiplicati un po’ dovunque. Ma l’attenzione ai temi del Convegno può ancora crescere se le comunità parrocchiali, e soprattutto i sacerdoti, comprendono che il senso di questo ‘convenire’ ha già da ora un risvolto pastorale importantissimo: si tratta di coinvolgersi in un cammino che è di tutti; è l’occasione per uscire da certi tran tran ecclesiali a cui ci lasciamo andare per abitudine. I catechismi, come le attività caritative, liturgiche, formative, sono essenziali: ma sappiamo bene che ci sono modi di vivere queste realtà con un’attenzione specifica anche ai ‘segni dei tempi’, e non solo come riti o come obblighi». La ‘vita buona del Vangelo’, programma pastorale del decennio, chiede questa consapevolezza di discernere le ‘cose nuove’ che Dio ci offre facendosene carico con coraggio.

«Il Convegno – aggiunge Nosiglia – è davvero un ‘segno dei tempi’: la Chiesa italiana che si ritrova, con i suoi vescovi e con il Papa, è chiamata a una incisiva conversione pastorale che sa tanto di vera riforma e dunque di cambiamento non fatto solo di discorsi teorici anche se molto interessanti e coinvolgenti, ma di fatti, segni, proposte concrete che definiscano poche ma essenziali scelte da attuare insieme dopo il Convegno, con un percorso di stile sinodale che investa l’intero popolo di Dio, la gente del nostro Paese, dentro e fuori dalle nostre chiese».

da Avvenire, 18 ottobre 2015

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