parole dell'umano

Ascolto

di Tonino Ceravolo

Già nel Deuteronomio Dio viene presentato da Mosè come voce: «Il Signore vi parlò dal fuoco; voi udivate il suono delle parole ma non vedevate alcuna figura: vi era soltanto una voce» (Dt 4,12). Dio è Vox, Verbum, e la sua Parola è Parola di vita, una Parola creatrice, infatti «[…] crea la storia della salvezza, che si inizia con Abramo e prosegue con l’elezione del popolo d’Israele come popolo di Dio, fintanto che la Parola stessa non s’incarna» (D. Barsotti, Meditazione sull’Esodo, Queriniana, 1967, p. 202). Per mezzo della Parola Dio crea tutte le cose, crea il mondo naturale, la terra e il cielo, gli animali e l’uomo. La Parola è il principio e ciò che è da principio, Logos Verbum che era «presso Dio» ed «era Dio» (Gv 1,1-3). Verbo “maestro di verità” (Agostino, Conf. XI, VIII) che parla in interiore homine, chiedendo di essere ascoltato, come accade a Pietro, Giacomo e Giovanni nello scenario mirabile della trasfigurazione: «Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”. E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro» (Mc 9,7-8).

Tale Parola si accoglie con cuore puro e animo silenzioso e per predisporsi all’ascolto è necessario imparare a tacere, a farsi temporaneamente di lato, a lasciare spazio all’altro e alle parole dell’altro, sapendo, d’altra parte, che le troppe parole producono una sorta di corto circuito comunicativo, un tilt in cui la comunicazione si blocca, comincia a fare i conti con la sua impossibilità. L’effetto della ridondanza è l’incomunicabilità: si parla troppo senza ascoltarsi, non ci si capisce più, il colloquio con l’altro salta. Ascoltare tacendo, diventare disponibili all’ascolto, tanto più quando l’altro è “lontano”, “diverso”, irriducibile alla propria dimensione (fosse anche quella religiosa), significa aprirsi alle sue ragioni (senza, per questo, necessariamente condividerle), porle nell’agorà del confronto e del dialogo. Un “luogo” di reciproco ascolto nel quale si rinuncia alle tecniche di sopraffazione verbale, si prova a liberarsi dal magma comunicativo che si verifica allorquando alle parole dell’uno si sommano, contemporaneamente, quelle dell’altro. La Parola e le parole hanno bisogno di essere ascoltate, per non precipitare nel vuoto, per evitare di essere soltanto percepite e udite, nudi suoni privi di significato, in un esercizio della sensibilità senza alcuna autentica accoglienza interiore. Appunto all’essere accolta (e ascoltata) è ciò a cui ogni parola aspira.

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