parole dell'umano

Mitezza

di Luigino Bruni

Le parole che non invecchiano sono quelle capaci di morire e di risorgere in ogni epoca. Una di queste è mitezza, che era già grandissima nei salmi, nel vangelo e nelle antiche civiltà orientali, ed è stata resa ancora più sublime dai grandi mansueti della storia – padre Kolbe, i tanti martiri di ieri e di oggi, Gandhi – e da tanti altri sconosciuti alle cronache che con la loro mitezza umile rendono ogni giorno migliore la terra di tutti. La mitezza è la risposta virtuosa al vizio dell’ira, che mai come nei nostri tempi domina la sfera pubblica, incattivisce i nostri uffici, le nostre riunioni di lavoro o di condominio, il traffico urbano, le aule politiche. Se non ci fossero i miti, le nostre ire produrrebbero molte più guerre e ferite delle tante che producono già, e renderebbero invivibili le nostre città, che sarebbero dominate dalla reciprocità di Lamek, assassini, per un graffio, di fanciulli.

La mitezza di pochi cura e accudisce l’ira di tanti. Basterebbe questo per spiegare la preziosità indispensabile dei miti, che sono la prima minoranza profetica che eleva il mondo, il lievito madre, il sale primo della terra. Sono i veri non–violenti, perché con la loro fortezza impediscono alla violenza di dominare il mondo e i nostri mondi. La mitezza poi fa vivere, e vivere a volte gioiosamente, i malati cronici, fa invecchiare e morire bene, fa resistere nelle lunghe e dure prove della vita senza adirarsi e incarognirsi con gli altri e con se stesso, ma lasciandosi passare docili la mano sopra: sono i mansueti, coloro che “ad manum venire sueti”.