umanesimo digitale

Per un umanesimo della comunicazione

di Christian Albini

Ho dato inizio al blog Sperare per tutti semplicemente perché volevo provare a utilizzare questo tipo di strumento e perché mi sembrava che, nel campo della comunicazione digitale religiosa, ci fossero poche realtà significative di questo genere. È nato come esperienza artigianale e tale resta. Però, mi ha consentito di avviare contatti e relazioni con persone in ricerca, credenti, teologi, preti, religiosi… Dal blog, a cui si è aggiunta la presenza su social network come Facebook e Twitter (@Sperarepertutti), sono nati inviti che spaziano da Lugano a Noto, collaborazioni con siti come “Vino Nuovo” e riviste come Jesus, l’incontro con gli amici della comunità di Bose, il coinvolgimento nella nascita dell’associazione “Viandanti” e altro. Insomma, l’umanesimo digitale, dal mio punto di vista è innanzitutto una possibilità di relazioni nuove, a patto che le nuove tecnologie di comunicazione costituiscano un mezzo e non un fine, un punto di partenza per rapporti che devono poi dispiegarsi anche altrove.

Insomma, la rete favorisce la comunione della chiesa e anche l’opinione pubblica nella chiesa, nel senso di una comunicazione più libera, all’insegna della franchezza, che offre la possibilità di prendere la parola anche a soggetti che non hanno ruoli gerarchici e istituzionali definiti, ma hanno comunque qualcosa da dire e da dare in forza del proprio carisma di battezzati. Certo, è necessario operare un attento discernimento per distinguere quel che si trova in rete, le voci serie e attendibili da quelle che “inquinano”. In primo luogo, è bene diffidare dai soggetti che prediligono il registro della polemica, che hanno una gran facilità al giudizio e alla condanna gratuita squalificando in blocco chi non la pensa come loro. Sono i “monopolisti della verità”, i fomentatori dell’hate speech, il “discorso dell’odio” che, sotto varie forme, immette sporcizia nella comunicazione digitale. Chi non sa dar credito all’altro, non lo sa rispettare, punta subito al negativo, non sa farsi prossimo. Sembra sicuro di sé e della propria fede, sembra un annunciatore della parola cristiana, ma in realtà non lo è, perché in realtà cerca d’imporre il proprio io sugli altri.

La comunicazione digitale fa emergere un volto di chiesa meno “verticalizzato”, per cui ogni messaggio non proviene unidirezionalmente dall’alto verso il basso. I pastori devono stare non solo davanti al gregge, ma anche in mezzo e dietro per seguire il loro fiuto che sa trovare nuove strade, quando è il caso e nella diversità dei carismi (cfr. Evangelii gaudium, 31). È uno dei motivi per cui ho partecipato al progetto dei “Viandanti” che cerca di mettere in rete e dare peso a piccoli gruppi ecclesiali che non hanno ruoli “ufficiali”. Tutto ciò è possibile se la riflessione teologica non rimane un fatto accademico, limitato agli studiosi, ma diviene un patrimonio a cui tutti possono attingere. Uno degli aspetti più positivi della mia esperienza è appunto quello di far circolare del materiale teologico che altrimenti rimarrebbe pressoché sconosciuto.

Un altro aspetto positivo, per cui la comunicazione digitale contribuisce al nuovo umanesimo del XXI secolo, è la possibilità di innestarsi nella “conversazione del mondo”, di essere partecipi come credenti dell’esperienza umana e dell’elaborazione culturale del nostro tempo. Anche se qui ci sono ancora molti passi avanti da fare: il nostro linguaggio è troppo spesso autoreferenziale, immediatamente religioso, accessibile solo da chi condivide determinati presupposti. C’è un grosso rinnovamento da operare.


albiniChristian Albini, insegnante e teologo, è coordinatore del Centro Diocesano di Spiritualità della diocesi di Crema. È membro dell’Associazione Teologica Italiana come cultore delle discipline teologiche, socio fondatore dell’Associazione Viandanti, collaboratore della rivista Jesus, e autore di libri e articoli su tematiche di teologia e spiritualità.

@Sperarepertutti

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