parole dell'umano

Dono

di Chiara Giaccardi

Podcast Il pensiero del giorno (RadioUno, 8 marzo 2015)

Dono è una parola bellissima, che richiama la gratuità, la sovrabbondanza, l’eccedenza e dunque la vita. Ma c’è sempre il rischio di una retorica un po’ stucchevole attorno a questa parola. E anche nel dono può annidarsi un pericolo, persino un veleno. Può diventare il preambolo del ricatto emotivo, il laccio per catturare la libertà dell’altro, il cemento per sigillare la relazione e non lasciarla respirare. Può anche essere lo specchio per un io narcisistico, che ama contemplare gli effetti della propria magnanimità e non si cura se gli altri ne restano umiliati, o anche solo infastiditi a volte..

Cosa salva il dono dalle sue derive? Intanto la gratitudine: se possiamo donare è perché abbiamo ricevuto. Il dono non è mai solo il ‘mio’ dono, ma è sempre un ‘con-dono’. Ci inserisce nel circolo virtuoso della gratuità, che è sempre allargata oltre l’io-tu e oltre il presente.

Poi, ricordarsi che donare non è elargire, ma prima di tutto entrare in una relazione di reciprocità. Siamo capaci di donare se siamo capaci di ricevere. Il dono, bisogna saperlo accogliere: Goethe usava dire che nella vita è felice chi viaggia con due borse, una per dare, l’altra per ricevere. Se non abbiamo una borsa vuota siamo troppo pieni di noi stessi e il nostro dono sarà sempre un po’ avvelenato.

Infine, ricordandoci che il vero paradigma del dono è il per-dono. Un dono che viene offerto proprio là dove l’altro non solo non è promessa di restituzione, ma ha anzi anticipato un’offesa, una ferita, un male che ci colpisce a sangue, a volte a morte. Il perdono è la forma più libera di dono. È il bene che vince il male, che dà all’altro una possibilità di rinascita, e così rinnova anche noi, al di là delle nostre stesse capacità.

È il dono che abbiamo ricevuto, che ci ha salvati; il dono che non dobbiamo stancarci di continuare a chiedere e a offrire.

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