parole dell'umano

Educazione

di Chiara Giaccardi

Educare viene dal latino e-ducere, che significa “tirar fuori”. Quindi l’educatore ė come un’ostetrica: aiuta a venire al mondo.

Un grande educatore cattolico, Sergio de Giacinto, diceva che l’educazione è una “procreazione continua”. Per questo non può esserci educazione senza relazione, che è prima di tutto un accogliersi, un’ospitalità reciproca che allestisce un contesto propizio alla crescita di tutti.

Ma chi sono i maestri oggi? caduto il principio di autorità, si rafforza l’autorevolezza. Si ascoltano i maestri solo se sono testimoni, riconosceva Paolo VI, mentre Don Milani diceva «Con la parola alla gente non gli si fa nulla. Sul piano divino ci vuole la grazia e sul piano umano ci vuole l’esempio». Dà l’esempio l’educatore che sa mettersi in gioco, perché capisce che questo movimento rigenera lui stesso, lo rimette al mondo rinnovato. E che poi aiuta tutti a crescere.

L’educazione non è dunque prima di tutto trasmissione, ma incontro: un “inizio vivo”. Ed è anche il luogo di una convivialità delle differenze: si gusta insieme un sapere che è vera sapienza se ha sapore, se nutre e fa crescere. A questo banchetto tutti sono invitati, tutti possono dare qualcosa, tutti possono partecipare contribuendo e non solo ricevendo.

L’educatore poi non è solo chi sa, ma chi ama. Chi è appassionato e sa trasmettere una “conoscenza per ardore” come scriveva il poeta Mario Luzi.

Nella nostra era ipertecnologica e scettica la prima educazione è allo stupore, che poi è il principio della contemplazione, il seme di ogni domanda, il riconoscimento che c’è qualcosa di immenso che non è opera delle nostre mani, che possiamo solo guardare con gratitudine.

Per questo, come si legge nella Gaudium et Spes (31), «L’avvenire è nelle mani di coloro che avranno saputo dare alle generazioni di domani delle ragioni per vivere e sperare».

1 Commento a “Educazione”

  1. Nina
    il

    Condivido pienamente. Ma nei nostri oratori, nelle scuole, sono pochi coloro che educano alla bellezza e allo stupore. Lotto ogni giorno con gente che afferma che i giovani sono superficiali: sono solo i figli di una generazione che li ha riempiti di oggetti e ha riempito il loro tempo, perché non riusciva a trasmettere altro. Se abbiamo perso le ragioni del vivere e dello sperare cosa possiamo trasmettere? Un giovane, che per la prima volta ha ascoltato il Kaddish di Ravel, mi ha comunicato di essersi commosso (direi stupito). Quale bellezza salverà il mondo (Dostoevskij)

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